Oggi ci troviamo a Gaeta, ridente cittadina situata su un promontorio che chiude uno splendido golfo ne fa da cornice. Sulla punta del promontorio svetta un castello/fortezza che pare faccia da sentinella per la città. Per la sua posizione strategica Gaeta è stata da sempre una piazza molto ambita per le varie dominazioni che si sono succedute.
Delle prime fortificazioni di Gaeta si hanno notizie già dal IX-X secolo, in epoca Bizantina, sotto gli ipati Docibile I, Giovanni I e Docibile II. Ma Gaeta coniava moneta, il “follaro”; sui follari del XII secolo si rinvengono l’immagine del castello con l’iscrizione “Civitas cajetana” da un lato e Sant’Erasmo patrono della città dall’altro, a indicare che l’edificazione del castello in quanto tale sia stata l’espressione dell’autonomia della città.
Successivamente, la fortezza subì distruzioni, riedificazioni, ampliamenti e modifiche nella successiva epoca Normanna, ma soprattutto in epoca Sveva (dal 1223 al 1227) ad opera di Federico II, in epoca angioina ad opera di Carlo II d’Angiò nel 1289, in periodo aragonese ad opera di Alfonso I d’Aragona nel 1436, e ancora nel ‘500 da Carlo V.
Oggi si parla sostanzialmente di due castelli, uno angioino e l’altro aragonese.
Quello angioino, più in basso, a pianta quadrata con quattro torri circolari angolari, successivamente, e precisamente dal 1911 e sino a pochi anni fa, è stato sede del Carcere Militare.
Quello aragonese, fortificato su tre lati da massicci torrioni cilindrici e con un’appendice difensiva più bassa, venne successivamente trasformato in caserma: dal 1927 e fino al termine della II Guerra Mondiale è stata sede del 2° Battaglione Allievi Carabinieri, oggi invece ospita la Scuola Nautica della Guardia di Finanza.
Oggi concentreremo la nostra attenzione sull’utilizzo del castello come carcere militare, ‘destinazione’ che riguarderà anche un altro ‘tremendo’ sfizio di prossima pubblicazione.
Si tratta di una lettera (purtroppo priva di contenuto) inviata il 7 agosto 1943 (un mese prima di quel fatidico 8 settembre che cambiò le sorti del secondo conflitto mondiale) dal Capitano Ercole alla signorina Giuseppina domiciliata a Tuturano, frazione molto popolosa del comune di Brindisi.
La missiva parte da Gaeta in provincia di Littoria. Infatti, dal 18 dicembre 1934 (quando la neonata città di Littoria diventò capoluogo dell’omonima provincia) al 7 giugno 1945 (quando si decise di modificare il toponimo fascista in “Latina”) Gaeta ricadeva nella provincia di Littoria.
Lo stesso bollo postale di partenza riporta la corretta dicitura “Gaeta – Littoria”.
Il Capitano Ercole non indica, come suo indirizzo, gli estremi del suo reparto di stanza alla caserma, o del suo reparto di stanza al carcere con funzioni di conduzione e controllo dello stabilimento di pena, ma quello del carcere in quanto tale: “Reclusorio Principale Militare di Gaeta“. Ciò a indicare che fosse proprio un prigioniero del carcere militare.
Va detto infatti che era presente anche un settore del carcere riservato agli ufficiali (che nel secondo dopoguerra ha anche ospitato criminali nazisti…), e precisamente il versante sud-orientale del castello angioino.
Di norma, se un milite si macchiava di un reato sotto il regime fascista, finiva a Gaeta: prima alla “Sezione Carcere” della Caserma Sant’Angelo (che, giusto per informazione, ospitava anche il Comando da cui dipendevano tutte le carceri militari d’Italia) in attesa di giudizio, e quindi al “Reclusorio Principale” al Castello Angioino a scontare la pena. E questa fu la sorte, evidentemente, del nostro Capitano Ercole.
La missiva fu anche affrancata con un francobollo da 50 centesimi, la corretta tariffa per una lettera per l’interno. Il francobollo sfuggì dall’obliterazione in partenza, e venne maldestramente annullato con un lapis viola, in arrivo o in transito. Un po’ come fanno oggi alcuni portalettere odierni…
Questo a ulteriore conferma che se fosse stato un militare nell’esercizio delle sue funzioni non avrebbe avuto bisogno di affrancare con 50 centesimi. Sin dalla prima riforma postale nazionale del 1863 i militari hanno goduto di agevolazioni. Durante un conflitto bellico, e quindi attraverso l’uso della posta militare, i militari spedivano in totale esenzione di tassa postale, mentre in altri momenti, per la posta civile, i militari godevano di riduzioni. In particolare, nel nostro caso, era in vigore sin dall’1 gennaio 1923 una riduzione del 50% della tariffa postale per lettera semplice sulla corrispondenza sia inviata che ricevuta da militari. E questo un Capitano senz’altro non poteva non saperlo.
Ringrazio la guida turistica Linda Contreras per le notizie storiche sul castello.
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