Era il 2 febbraio 1939.
Il signor Arnaldo è un funzionario dell’EIAR, l’Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche.
Quel giorno aveva perso un sacco di tempo tra una riunione al Ministero e un paio di appuntamenti al centro. Venti di guerra soffiavano nei cieli d’Europa: Hitler era sempre più agitato, e il suo prode alleato Mussolini non era da meno, cercando di controllare quanto più gli fosse possibile, anche la radio.
Per questo motivo Arnaldo aveva perso tutto quel tempo: la riunione al Ministero per la Stampa e la Propaganda era durata sei ore, era sfinito.
Prima di andare a casa decise di passare dall’ufficio. Tanto, era di strada, e così si sarebbe liberato di quelle carte pesantissime.
Una volta giunto alla sua scrivania, trovò un malloppo di corrispondenza ricevuta quel giorno. La scorse velocemente, una lettera dopo l’altra, ma poi il suo sguardo si bloccò su un biglietto postale verde senza alcuna indicazione del mittente all’esterno.
Preso dalla curiosità, strappò velocemente i bordi perforati così da leggerne il contenuto, ma dopo le prime righe dovette accasciarsi sulla sedia.
«Signor Arnaldo
Ricevo la sua, rispondo subito.
Didi la trova senzaltro in Ancona le auguro di cuore di poterla persuadere e portarsela via ed esser felice
Lei sa che i padroni di queste case sono tutti disumani vedono solo i soldi e non pensano a consigliare una ragazza bene
Se ha bisogno scriva se mi sarà possibile farò tutto perché lo conosciuto per un ragazzo buono
Le respondo con un biglietto e le scrivo col lapis non ho qui ne carta e ne penna
Mi faccia sapere come va l’incontro con la Didi
Auguri saluti
Gianna»
Qualche tempo prima aveva conosciuto una certa Didi, una prostituta.
Non in quel senso lì, intendiamoci.
Era capitato, infatti, di dover consegnare dei moduli di richiesta per un apparecchio radiofonico a un utente, e una volta giunto sul posto si accorse che in realtà l’utente era il proprietario di una casa di tolleranza.
Una volta entrato, incrociò lo sguardo di Didi che mestamente si stava recando in camera con un cliente con la marchetta in mano. Quello sguardo lo colpì profondamente. Era di una tristezza senza fine.
Senza farsi scoprire troppo, chiese informazioni sulla ragazza al proprietario della casa chiusa il quale fu prodigo di elogi sperticati pensando che l’interesse di Arnaldo fosse di una ben precisa natura.
Glielo lasciò credere, e attese il tempo di una doppietta.
Allora pagò la marchetta per un’ora ed entrò nella stanza di Didi.
Si stava ancora rivestendo. Sentendolo entrare, fece un impercettibile movimento con il capo, ma non lo guardò nemmeno.
«Siediti sul letto, arrivo», aveva detto con aria svogliata.
Ma Arnaldo non era lì per il suo corpo.
Per un’ora rimasero entrambi seduti a bordo del letto, vestiti, a parlare della vita della donna Agnese (il suo vero nome) e della prostituta Didi (il suo nome “d’arte”).
Da allora Arnaldo non smise mai di pensare a Didi, e quando tornò a trovarla lei non c’era più, era andata via, destinazione sconosciuta.
Chiese un po’ in giro, e ad un certo punto aveva trovato una strada per arrivare a lei, una certa signora Gianna che la conosceva. Le aveva scritto una lettera.
E adesso, quella che aveva per le mani, altro non era che la risposta di Gianna.
Per non dimenticare nessun particolare, con un lapis annotò sul fronte del biglietto «trovata in ufficio la sera di giovedì 2-2-1939».
Questa storia l’ho romanzata, è evidente, ma il biglietto è vero, la richiesta è vera, la storia di fondo è vera.
L’EIAR, fondato il 17 novembre 1927, era titolare (in regime di monopolio) delle concessioni delle trasmissioni radiofoniche circolari sul territorio italiano.
Quattro consiglieri di amministrazione dell’ente erano nominati direttamente dal Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, quindi dal regime. Di fatto, le trasmissioni radiofoniche erano sotto controllo.
E questo è vero ancor più quando, con Regio Decreto Legge n.1829 del 26 settembre 1935, la competenza sui programmi radiofonici passò al Ministero per la stampa e la propaganda.
Libertà di stampa? Questa sconosciuta…
Dopo l’armistizio, le sedi locali dell’EIAR continuarono a operare autonomamente. Le stazioni radio nel meridione erano gestite dagli Alleati, mentre quella romana fu chiusa poco dopo la liberazione della città.
Con Decreto Legislativo Luogotenenziale n.457 del 26 ottobre 1944 l’azienda riaprì con la nuova ragione sociale R.A.I., “Radio Audizioni Italiane”.
Con l’avvento della televisione, infine, nel 1954, la denominazione diventa “Rai Radiotelevisione Italiana”.
Il discorso sulle “case chiuse”, invece, è lungo e molto articolato. Istituite nel lontano 1859-1860 da Cavour come “case di tolleranza” (perché “tollerate” dallo Stato), dovevano tenere le persiane chiuse (da cui “case chiuse”, appunto).
Esistettero sino al 20 settembre 1958 quando la Legge n.75, nota come “legge Merlin”, pose fine alla regolamentazione della prostituzione in Italia, chiudendo le settecento case di tolleranza esistenti e lasciando senza lavoro quasi tremila prostitute.
Per chi volesse, suggerisco l’approfondimento di Focus:
https://www.focus.it/cultura/storia/case-chiuse-bordelli-prostituzione-fascismo
Chissà che ne fu di Didi… però mi piace pensare che, alla fine, Arnaldo la trovò e davvero la portò via con sé.
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