Quarant’anni fa, e precisamente alle ore 19:34:53 di domenica 23 novembre 1980, per 90 interminabili secondi la terra tremò in un’area di 17.000 km² estesa tra l’Irpinia e il Vulture, a cavallo delle province di Avellino, Salerno e Potenza.
L’ipocentro fu calcolato a circa 10 km di profondità, l’epicentro a Conza della Campania.
Tra i comuni più duramente colpiti anche Castelnuovo di Conza, Laviano, Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi, Senerchia, Calabritto e Santomenna, ma ben 506 dei 679 comuni costituenti le tre provincie subirono danni.
La magnitudo sprigionata, 6.8 circa, fu consistente ma non distruttiva: basti pensare che nel 1905, a Lamezia Terme, un sisma di magnitudo analoga fece 557 vittime.
Ma questa era, ed è, un’area molto più popolosa, e negli anni ’80 il tessuto urbano lasciava ancora molto a desiderare.
Per queste ragioni, il sisma fu particolarmente distruttivo (è stato calcolato il X grado della scala Mercalli che, lo ricordo, misura gli effetti di un sisma, non la sua energia) e alla fine vennero recuperati dalle macerie, secondo i dati dei Vigili del Fuoco, 2.735 cadaveri e venne prestato soccorso a 8.848 feriti.
280.000 persone vennero soccorse e alloggiate in tende, roulottes, vagoni ferroviari, containers, ma un numero imprecisato di persone dormì in macchina.
Evito accuratamente di parlare della ricostruzione, degli scandali, delle commissioni di inchiesta. Non è questa la sede.
Chiunque può, se vuole, fare delle ricerche su Google per approfondire questi aspetti, e farsi quindi una propria idea.
Qui invece, essendo una rubrica legata alla posta, parlo di posta.
E nello specifico come le Poste Italiane risposero all’emergenza.
Oggi, quando avviene un sisma, una delle prime cose che vanno fatte è l’installazione di colonnine di emergenza per ricaricare i cellulari. Oggi si comunica con quelli, e quindi è ovvio che tale attività assume carattere di priorità.
Nel 1980 non c’erano ancora i cellulari, il telefono era ormai entrato in tutte le case e si comunicava con quello. Ma dopo il terremoto tutte le linee telefoniche erano saltate, e quelle ripristinate dovevano servire per l’emergenza, per coordinare i soccorsi.
Ecco quindi che la posta diventa l’unico mezzo per comunicare.
Ecco quindi che il ripristino delle comunicazioni postali diviene di fondamentale priorità.
Le poste hanno sempre reagito con prontezza in caso di disastri naturali, e anche in Irpinia non furono da meno.
Questa la situazione ‘fotografata’ da un’agenzia Ansa delle 22.09 dell’1 dicembre:
«Il servizio postale nella zona terremotata è assicurato con 13 uffici mobili di cui due si spostano alternativamente nelle località più colpite. Nei giorni dispari a Chiusano, S. Mango sul Calore, Castelvetere e Montemarano, nei giorni pari a Sturno, Guardia dei Lombardi e Torella dei Lombardi.
Gli uffici distribuiscono la corrispondenza, accettano telegrammi e pagano vaglia e pensioni. Il Ministero ha disposto inoltre che la corrispondenza proveniente dalle zone sinistrate sia inoltrata anche se mancante di francobollo e che i telegrammi sia accettati senza pagamento.»
Infatti, il nono comma dell’Art. 13 del Decreto-Legge 5 dicembre 1980, n. 799 (Ulteriori interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal terremoto del novembre 1980), pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.335 del 06.12.1980, così recitava:
«L’Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni è autorizzata per il periodo dal 23 novembre 1980 al 31 dicembre 1980 a non riscuotere la tassa e la soprattassa per la corrispondenza epistolare spedita in via ordinaria senza affrancatura dai comuni indicati nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all’ultimo comma dell’art. 4 del decreto-legge 26 novembre 1980, n.776.»
L’elenco dei comuni venne stilato, ma con molto ritardo, tramite il Decreto-Legge 13 febbraio 1981, n. 19 (Individuazione dei comuni colpiti dal sisma del novembre 1980), pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.45 del 14.02.1981.
Per usufruire dell’esenzione postale occorreva utilizzare uno dei tanti timbrini presenti presso gli uffici mobili “Zona Terremotata sprovvista di francobolli” oppure anche diciture manoscritte tipo “Zona terremotata“, “Sud terremotato“, “Sudter“, etc.
Alcuni uffici vennero dotati anche di bolli lineari con il nome dell’ufficio e il CAP e di bolli circolari con il logo della Repubblica Italiana al centro e la scritta “UFFICIO P.T. MOBILE N. 1“. Quest’ultimo numero variava ovviamente in base all’ufficio mobile, ad esempio: 1 per Sant’Angelo dei Lombardi, 6 per Laviano, 8 per Solofra, 15 per Auletta.
Non fu la prima volta.
Nel 1908 (terremoto di Messina e Reggio Calabria) la corrispondenza non affrancata venne tollerata per diversi giorni, sebbene l’esenzione non venne mai concessa ufficialmente. Stessa cosa nel 1915 (terremoto della Marsica).
Nel 1951 (alluvione del Polesine), 1968 (terremoto del Belice) e 1976 (terremoto del Friuli), invece, l’esenzione postale venne concessa ufficialmente.
Successivamente al 1980, l’esenzione postale non venne più concessa, anche in ragione del minor utilizzo del mezzo postale per comunicare.
Oggi mostro due lettere, non collegate tra loro se non per il fatto che entrambe hanno viaggiato in esenzione postale nei giorni in cui venne concessa.
La prima è una missiva spedita da Salerno per Lucca il 30 dicembre 1980. Riporta la dicitura manoscritta “Esente da bollo / Zona terremotata“.
La seconda è una lettera inviata da Guardia Lombardi (AV) per Milano il 17 dicembre 1980. In questo caso, riporta il bollo lineare a data, il bollo lineare della località con il CAP, e il bollo circolare “UFFICIO P.T. MOBILE N. 26“. Venne impostata proprio in quell’ufficio postale mobile.
Come si vede, entrambe le corrispondenze non vennero affrancate, ed entrambe non vennero tassate per l’assenza del francobollo.
Ed entrambe sono oggi testimoni, a quarant’anni di distanza, di quei tragici momenti.
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