ACQUERELLI DI GUERRA

ACQUERELLI DI GUERRA

Oggi parleremo di un militare artista!
Ma prima due parole sul supporto.
Le abbiamo già viste diverse volte, in diversi ‘sfizi’. Sono le cartoline di franchigia militare che venivano fornite alle truppe per scrivere ai propri cari in esenzione postale. Vennero utilizzate nel primo conflitto mondiale, ma soprattutto nel secondo.

L’esenzione consentiva la spedizione gratuita di lettere e cartoline di peso inferiore ai 15 grammi per le vie ordinarie.
Dall’agosto del 1942 si diede la possibilità, prima esclusa (eccetto per i militari in Africa Orientale già dal 1935), dell’invio per posta aerea o per espresso, ma in tal caso il milite doveva apporre il francobollo per il servizio accessorio che richiedeva.

Vennero date alle stampe moltissime cartoline di questo tipo, con illustrazioni che irridevano il nemico, esaltavano il valore italiano, o incitavano i civili al risparmio dei consumi a favore dei combattenti. Innumerevoli le citazioni mussoliniane, a incitare le truppe alla vittoria.
Ma la maggior parte erano semplici, senza alcun elemento grafico o testuale.

Le cartoline che mostro oggi vennero spedite dal militare Peppino Soresi tra il 1940 e il 1941 alla famiglia Scamoni di San Bartolomeo dei Morti, un quartiere di Crema.
La prima, del 7.12.1940, venne spedita da Borzonasca (Genova); la seconda, del 9.4.1941, da Rivarolo Ligure (sino al 1926 comune autonomo, poi divenuto un quartiere di Genova).

Come attestano i bolli e le scritte, il milite era una camicia nera appartenente alla 219° Coorte CC. NN. T. (ovvero Camicie Nere per il controllo Territoriale).
Durante il regime fascista era stata creata la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, una sorta di esercito parallelo a quello ufficiale, i nomi delle cui unità militari e paramilitari spesso facevano riferimento all’antica Roma.
Tra questi la ‘coorte’, un’unità della corrispondente al battaglione del Regio Esercito.

Le due cartoline sono entrambe del tipo semplice, senza illustrazioni e senza motti.
Il milite, tuttavia, le ritenne evidentemente scialbe e prive di vita. E per questa ragione andavano ‘colorate’.
Nel senso letterale del termine!

Ma il nostro Peppino non si limitò soltanto ad acquerellare le cartoline.
Comunicò con i destinatari in rima!
Un vero artista!
Vale la pena riportare entrambi i testi.

Nel 1940:
«Sto benone e:
    Da una vetta d’Appennino
    Felicione e contentino
    Scaravento
    Come vento
Un tonante Alalà!»

Nel 1941:
«Illustrissimi
    Mi trovo sempre bene;
    Perciò son sì contento
    Che nemmeno la mia barba
    Trema se soffia vento.
E tiro avanti impavido
Come l’usanza vuole
Con ritmo sempre celere
A consumar le suole.
    Schiodate ch’esse siano,
    Ne chiedo un nuovo paio,
    Continuando a romperle
    Con animo sempre gaio.
Giunto che sia al termine,
E scarpe non ho più,
Crepano il mulo e l’asino
E chi vi si trova sù.»

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