I BELGI CHE PORTARONO L’ACQUA SUL VESUVIO!

I BELGI CHE PORTARONO L’ACQUA SUL VESUVIO!

E’ davvero difficile trovare interi archivi di corrispondenza, per cui c’è da ritenersi fortunati quando si trova un blocco di corrispondenza, come in questo caso, composto da 8 tra pieghi e cartoline, spediti tra il 1913 e il 1947, e indirizzati o provenienti dallo stesso corrispondente: l’Acquedotto Vesuviano.
Lo sfizio di oggi sarà quindi più ricco di immagini del solito.

Nella zona dei comuni vesuviani, similmente come in tantissime altre parti d’Italia, l’approvvigionamento idrico è stato da sempre un problema atavico.
Sino alla fine dell’800 si prelevava l’acqua da pozzi e cisterne private, spesso in pessime condizioni igienico-sanitarie, spesso veicolo di infezioni epidemiche.
Le donne andavano a lavare i panni al fiume o nelle fontane o nelle sorgenti.

Non esisteva un’efficiente rete di distribuzione dell’acqua potabile.
Insomma, in poche parole, non esisteva quello che quello che cinquemila anni prima le antiche civiltà mesopotamiche usavano, già in condotte coperte, per convogliare le acque del Tigri e dell’Eufrate: un acquedotto.

Per risolvere il problema, nel 1892 i Comuni di Cercola, San Sebastiano, Massa di Somma, Sant’Anastasia, Somma Vesuviana e Ottaviano si unirono in consorzio, con sede a Cercola, per sfruttare le acque della collina di Cancello, una sorgiva di 4500 mc/giorno.

Pur avendo individuato chi doveva redigere il regolamento, chi doveva contattare i privati, chi doveva redigere il progetto idraulico, la complessità di mettere insieme tante teste fece perdere tempo prezioso.

Fu così che la società “Compagnie d’Entreprises des Conduites d’Eau” di Liegi, di cui era responsabile l’ingegner Henry Petot, bruciò sul tempo tutti e intraprese la costruzione di un acquedotto da Cancello a Sant’Anastasia, così da servire anche i Comuni di San Giorgio a Cremano, Portici e Torre.

I Comuni di Somma Vesuviana e Ottaviano, tirati fuori dall’iniziativa belga, furono così costretti a continuare ad acquistare l’acqua dal Comune di Napoli che la trasportava in vagoni cisterna con la ferrovia Napoli-Ottajano.
Ma a seguito della spaventosa eruzione del Vesuvio dell’aprile 1906 tutti i comuni vesuviani poterono sfruttare le provvidenze emanate dallo Stato con la Legge n.390 del 19.7.1906.

In particolare, all’Art.5 della suddetta legge, vi era la concessione ai Comuni di Ottaviano, San Giuseppe Vesuviano, Boscotrecase, Somma Vesuviana e San Gennaro di Palma di mutui di favore per la provvista d’acqua potabile, ammontanti complessivamente a 800.000 lire e ammortizzabili in 50 anni.

Il 18 aprile 1908 si costituì quindi un nuovo Consorzio, l’Acquedotto Vesuviano, con sede a Ottaviano, e che valutò la proposta della “Compagnie d’Entreprises des Conduites d’Eau” di addurre le acque del Serino come quella più valida e adatta per lo sfruttamento del mutuo agevolato.

I lavori procedettero con mille difficoltà ma alla fine vennero portati a termine.
Ovviamente, non tutte le case vennero subito allacciate.
A Somma Vesuviana, per esempio, nel 1932 gli utenti privati erano appena 198, e in tre anni aumentarono di appena 12 unità.
Anche allacciarsi costava, e non tutti se lo potevano permettere.

Allora intervenirono i Comuni, con canalizzazioni comunali, al fine di favorire gli allacci, ma in realtà solo nel trentennio 1950-80 l’utenza privata si sviluppò in modo consolidato.
La società Acquedotto Vesuviano venne poi incorporata in altra ditta nel 2005, e lì la sua storia si chiude.

Ma la società belga spadroneggiava un po’ dappertutto in Campania. La troviamo, infatti, invischiata anche a Caserta quando, nel 1922, il sindaco dell’epoca, Tommaso Picazio firmò una convenzione a tutto vantaggio dei belgi e a spese della comunità. Dovette intervenire persino la Giunta provinciale per esprimere parere sfavorevole e per evitare che il sindaco venisse linciato dai cittadini inferociti.

Tutta questa storia la possiamo leggere, oltre che nelle fonti (Alessandro Masulli, “Il rifornimento idrico di Somma Vesuviana: storia e memoria“, 2019; Mauro Nemesio Rossi, “Fascismo casertano. Fatti, misfatti e personaggi di una città in camicia nera“, 2017), anche dai documenti.

Una prima cartolina, datata 11 giugno 1913, presenta l’intestazione “Consorzio Acquedotto Vesuviano” ed è indirizzata proprio a Henry Petot, direttore dell’Acquedotto Vesuviano. Il segretario del Consorzio chiede a Petot lo schema di regolamento per la distribuzione dell’acqua. Siamo ai primissimi anni di esercizio.

In una seconda cartolina, datata 19 marzo 1922, sempre indirizzata all’ing. Enrico (italianizzato) Petot, è stavolta l’ing. Licenziati, del Comune di Sarno, che scrive per confermare un appuntamento.

Andiamo ancora avanti. Arriviamo al 20 marzo 1925. Stavolta è il direttore dell’Acquedotto Vesuviano, in una cartolina intestata alla società belga, che scrive da Resina a Cercola invitando il destinatario a mettersi in regola con l’abbonamento.

Del 29 settembre 1925 è invece un piego con cui il Comune di Somma Vesuviana invia all’Acquedotto Vesuviano la delibera comunale con cui si stipula la nuova convenzione per la fornitura d’acqua ai privati.

Arriviamo ad agosto del 1929. Con due cartoline, una del 23 agosto e la seconda del 30 agosto, l’Acquedotto Vesuviano (con due cartoline intestate diversamente) invita due privati di Torre del Greco a recarsi in sede per comunicazioni in merito alla loro richiesta di concessione della fornitura d’acqua.

Scoppia il secondo conflitto mondiale, e ovviamente anche le condutture evidentemente subiscono dei danni.
E’ del 21 luglio 1944 la richiesta del Comune di Somma Vesuviana per effettuare dei controlli alla conduttura dal momento che la parte bassa del paese è senz’acqua per diverse ore al giorno.

Faccio notare che questo piego del 1944 passa anche dalla censura postale alleata, come attestato dall’apposizione al recto dei due bolli A.C.S. (sigla controversa: per alcuni significa Allied Censorship Service, per altri Allied Censorship Section).

Terminata la guerra, con un piego del 30 ottobre 1947 l’Amministrazione della Provincia di Napoli scrive a un proprietario terriero, e per conoscenza all’Acquedotto Vesuviano, intimandolo al pagamento di un debito, e avvisandolo che in caso di mancato pagamento avrebbe trattenuto pari importo dalle mensilità d’affitto a lui spettanti per la locazione della Caserma dei Carabinieri di Resina.

Spaccati di quotidianità, di storie, di avvenimenti, tutti legati ad una matrice comune, quella dell’Acquedotto Vesuviano che, in breve, ho cercato di raccontarvi.

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