ERAVAMO (O SIAMO?) UNA REPUBBLICA DELLE BANANE!

ERAVAMO (O SIAMO?) UNA REPUBBLICA DELLE BANANE!

Mai titolo fu più azzeccato.
Non perché voglia, qualunquisticamente, denigrare quanto l’Italia faccia o abbia fatto.
Ma perché per circa vent’anni siamo stati davvero la Repubblica delle banane.
Come diceva Totò, vengo e mi spiego.

Con Regio Decreto-Legge n.2085 del 2.12.1935, poi convertito in Legge n.899 del 6.4.1936, veniva istituito (con decorrenza 1.1.1936) il monopolio di Stato per il trasporto, il commercio e la lavorazione industriale delle banane in tutto il territorio nazionale.
Tale monopolio venne esercitato attraverso un’apposita Azienda, costituita nell’ambito del Ministero delle Colonie, i cui compiti e componenti erano definiti agli artt. 4 e 10 del suddetto decreto.

Ulteriori compiti e fini di tale azienda di monopolio vennero precisati con il successivo Regio Decreto-Legge n.227 del 7.1.1938. All’art.1 si definiva il nome dell’azienda, «R. Azienda Monopolio Banane» (R.A.M.B.), la sua sede a Genova, e la ‘parrocchia’ di appartenenza ovvero il Ministero dell’Africa Italiana.
La conversione in Legge n.2086 del 30.12.1938 del suddetto decreto vide la sola modifica della sede, a Roma anziché a Genova.

E’ evidente che la costituzione di tale monopolio fosse strettamente legata alle politiche autarchiche e coloniali del regime fascista.
Le banane oggetto di tale monopolio, infatti, erano precipuamente quelle coltivate nella Somalia italiana e in particolare nelle concessioni agricole di Genale e del Villaggio Duca degli Abruzzi.
L’idea di base era quella di dare alla popolazione un prodotto di qualità a un prezzo calmierato, di Stato: 6 banane, 2 Lire.

Nel 1937, per il trasporto del prodotto attraverso la rotta Mogadiscio-Napoli vennero anche costruite appositamente quattro bananiere, navi frigorifero cui (con molta fantasia) venne dato loro il nome di RAMB I, RAMB II, RAMB III e RAMB IV, che si affiancarono alle già esistenti “Duca degli Abruzzi”, “Cap. Cecchi” e “Cap. Bottego”, navi di stazza inferiore e meno veloci.

Caduto il fascismo, terminata la guerra, ovviamente decadde automaticamente anche il Ministero dell’Africa Italiana e la Regia Azienda Monopolio Banane?!
Giusto?
Giusto??
No.

In realtà, si pensò di porre in liquidazione la Regia Azienda, ma le proteste vibranti dei concessionari (un centinaio) che avevano il monopolio nella distribuzione delle banane sul territorio italiano fece slittare la chiusura sine die.
Il potere monopolistico dell’Azienda, ovviamente, si rafforzò ulteriormente quando l’ONU assegnò all’Italia l’amministrazione fiduciaria della Somalia, dal 1950 al 1960.

L’unica cosa che decadde, quindi, fu la “R” di “Regia” dal nome dell’azienda che, dal dopoguerra in poi, si chiamò semplicemente “Azienda Monopolio Banane”.
Lo testimonia, ad esempio, il pezzo che vediamo oggi.

Si tratta di una raccomandata inviata dall’Ufficio n.10 di Roma, in via Sudario, a Borgo Sforzacosta (frazione di Macerata) il 16 luglio 1947.
La busta, priva di contenuto, è intestata al Ministero dell’Africa Italiana, R. Azienda Monopolio Banane, dove la “R.” di “Regia” è stata accuratamente depennata.

Sul retro, degli appunti a matita non molto comprensibili.
Sicuramente attinenti, però: si legge infatti la parola “colono”, riferita probabilmente a qualcuno di stanza in Somalia.

Apro inoltre una parentesi, tecnica.
La busta è affrancata con 21 Lire, la tariffa corretta per una lettera (6 Lire) raccomandata (15 Lire) di primo porto per l’interno.
Questa tariffa fu in vigore dal 25 marzo al 31 luglio 1947, quattro mesi appena.

Ma ritorniamo al nostro racconto.
Il Ministero dell’Africa Italiana venne soppresso con Legge n.430 del 29.4.1954, trasferendo al Ministero delle finanze le attribuzioni relative all’Azienda e al suo servizio per il monopolio statale delle banane.

L’Azienda Monopolio Banane, invece, fu nel 1963 al centro di uno scandalo che passò alla storia come “scandalo dello banane” che coinvolse il presidente dell’Azienda e indirettamente alcuni esponenti politici.

In sintesi (ma in rete si trova ampia documentazione), quando si decise di rinnovare gli elenchi dei concessionari attraverso un bando pubblico con offerte in busta sigillata, le offerte migliori arrivarono proprio dai vecchi concessionari che, evidentemente, erano stati “istruiti” sugli importi da inserire. Ne scaturì un’indagine, un processo, e una condanna per concussione per l’allora direttore dell’azienda.

Poca roba, se vogliamo, rispetto a tangenti e bustarelle che hanno caratterizzato la vita repubblicana dell’Italia. Anche perché pagò (giustamente) il presidente dell’Azienda, ma non altri.

A questo si aggiunga inoltre il fatto che, in virtù della “cresta” che l’Azienda era costretta a fare, per la sua sussistenza, sul prezzo delle banane, gli Italiani erano costretti a comprare un prodotto di mediocre qualità a un prezzo doppio rispetto a quanto venivano pagate in altre parti d’Europa banane di qualità nettamente superiore (del Sud America), con il beneplacito dei Trattati di Roma sul libero mercato ignorati e calpestati.

Quello “scandalo” fu pertanto il pretesto per rimettere in discussione l’esistenza dell’Azienda monopolistica.
Quell’anno diverse furono infatti le iniziative parlamentari.
Ricordiamo le Proposte le Legge n.101 del 10.6.1963 d’iniziativa del Deputato D’Amato e la n.145 del 26.6.1963 d’iniziativa dei Deputati Trombetta ed altri, e il Disegno di Legge n.1097 del 10.3.1964 presentato dal Ministro delle Finanze Tremelloni.

Azioni che poi si sono convertite in fatti con la soppressione del monopolio di Stato e la messa in liquidazione dell’Azienda Monopolio Banane attraverso la Legge n.986 del 9.10.1964 “Abolizione del Monopolio statale delle banane“, con effetto dal 1.1.1965.

Ecco perché il titolo di questo sfizio: per circa vent’anni, da quando nel 1946 gli Italiani scelsero la Repubblica come forma dello Stato sino al 1964 quando il monopolio venne soppresso, l’Italia fu davvero una “Repubblica delle banane”, nel senso letterale del termine!

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