Ci sta il doppiacresta, il terragnolo, il codalunga, quello delle rocce o il dorsoliva: sono ben trecento le specie presenti sul pianeta di colombi, o piccioni che dir si voglia.
Ma per raccontare la storia di oggi ce ne interessa solo uno: il colombo selvatico Columba livia, ovvero la razza addomesticata più utilizzata come “piccione viaggiatore”.
Si hanno notizie dell’uso dei piccioni viaggiatori per il trasporto di messaggi sin dai tempi degli Egizi e dei Sumeri, 5000 anni fa.
Più di recente, hanno avuto un grande ruolo nella guerra franco-prussiana, durante l’assedio di Parigi (1871), quando le missive oltre che con i più noti ballon monté venivano fatte uscire da Parigi anche tramite i colombi.
Ma fu con la Prima e con la Seconda guerra mondiale che i piccioni viaggiatori ebbero un ruolo da protagonisti. Basti pensare che durante la Grande guerra vennero lanciati 855 colombi (e soltanto 17 non arrivarono a destinazione).
Ma come funziona?
Il piccione viene allevato in una colombaia, che può essere fissa o mobile (nel caso di utilizzo durante la guerra). Quindi, il piccione viene fatto entrare in una cesta, e trasportato al fronte. Qui, staziona in una gabbietta.
Dopo un paio di giorni di ambientamento iniziano i viaggi di collaudo: il piccione viene liberato e si dirige verso la colombaia.
Testato il percorso, arriva il momento in cui il piccione viene utilizzato concretamente.
Quando arriva il suo turno, un messaggio viene scritto in triplice copia (più avanti capiremo il perché) e inserito dentro un apposito bossolo, solitamente d’alluminio, legato con un doppio braccialetto a una delle due zampette, e quindi liberato dalla gabbietta.
Il piccione si dirige velocemente verso la sua colombaia, seguendo il percorso già fatto durante i voli di collaudo.
Ecco così che il messaggio dal fronte viene recapitato, ovviamente senza essere minimamente intercettato dal nemico.
Come il piccione sappia dove dirigersi, verso la colombaia, è tuttora un mistero.
Diverse sono le scuole di pensiero a riguardo.
Secondo i tedeschi i piccioni per orientarsi usano il campo magnetico terrestre.
Secondo la scuola italiana sembrerebbe invece che sia l’olfatto a guidare i volatili.
Anche l’uso di GPS installati sui pennuti non ha ad oggi chiarito la verità.
Sta di fatto, però, che tranne in pochissimi casi, un piccione addestrato raggiunge sempre la sua colombaia, da qualsiasi parte venga liberato.
I messaggi trasportati dai piccioni vengono in gergo chiamati ‘colombigramma’.
Un drammatico colombigramma è conservato presso il Museo della Terza Armata, a Palazzo Camerini a Padova. Il testo del dispaccio del 17 giugno 1918 delle ore 18 dice semplicemente: «Siamo circondati. Ten. Piasenti.»
http://www.padovagrandeguerra.it/wp-content/uploads/2016/02/columbigramma.jpg
Era un tenente dell’8° Bersaglieri.
Il documento che presento oggi non è un colombigramma, ma il taccuino originale contenente i fogli di carta velina usati come colombigramma.
Sulla custodia cartonata in simil-pelle è ancora scritto/inciso il nome del soldato proprietario del taccuino: «Benassi Gianfranco Roberto R.E.»
Ma quel che rende ancora più interessante il taccuino è ciò che si rinviene al suo interno, ovvero un foglio di istruzioni dettagliate sul suo uso.
E’ tutto molto chiaro, ma credo che valga la pena trascriverle.
«USO DEL TACCUINO PER COLOMBIGRAMMA
1 – Frapporre il presente cartoncino mobile fra i primi tre fogli ed il resto del blocco, in modo da poter scrivere il dispaccio in triplice copia, l’ultima delle quali risulti sul foglietto più resistente, da conservarsi quale matrice.
2 – Staccare la prima copia riprodotta su carta velina; piegarla convenientemente ed introdurla nel tubetto porta-dispaccio. Ripetere la stessa operazione colla seconda copia su carta velina qualora il dispaccio debba essere affidato a due colombi.
3 – Nel caso in cui il dispaccio debba essere affidato ad un solo colombo, la suddetta seconda copia verrà staccata dopo ed inviata assieme al dispaccio successivo, potendo ogni tubetto contenerne più d’uno.
4 – Applicare il porta-dispaccio alla zampa del colombo e lanciarlo nel luogo, modo e tempo voluti.
AVVERTENZE IMPORTANTI
Staccare e distruggere i fogli di carta da calco usati. Distruggere il presente taccuino nell’eventualità che esso cada nelle mani del nemico.»
E certo, stando al fronte era nelle eventualità quotidiane essere colti di sorpresa dal nemico ed essere catturati o uccisi, per cui il taccuino andava distrutto.
Il nostro Benassi non lo fece, e per noi è un bene perché così è giunto sino a noi.
Ma chissà che cosa accadde al Benassi e se questo taccuino conteneva informazioni importanti che, in mano al nemico, possano aver compromesso delle operazioni.
Non lo sapremo mai, ovviamente. Tuttavia, negli elenchi dei caduti non c’è.
Le istruzioni ci chiariscono anche i motivi del messaggio in triplice copia.
Ingegnosa la doppia copia con il piccione successivo: nel caso in cui il primo piccione si fosse disperso o venisse abbattuto, il secondo messaggio nel piccione successivo avrebbe sopperito alla perdita.
Sulla copertina posteriore del taccuino ci sono diversi segni, incisioni, rigature, tutti incomprensibili e casuali. Gli occhi mi vanno costantemente su quei segni. Segni di una quotidianità in una trincea, di un uomo che rischiava la vita ogni secondo della sua esistenza, di lontananza dagli affetti e da casa.
Segni dell’assurdità di una guerra.
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