Per raccontare oggi dei fatti cennati nel titolo, Sfizi.Di.Posta si avvarrà di un telegramma inviato il 16 maggio 1894 da Roma e ricevuto a Chiaramonte Gulfi (Ragusa) l’indomani.
Il testo del telegramma dice semplicemente:
«Grazie pel vostro telegramma Crispi»
ed è indirizzato al Deputato Nicastro.
Al lettore saranno già drizzate le orecchie nel sentire questi due cognomi, quello di Crispi in particolare: chi spedisce è quindi proprio il Primo Ministro Francesco Crispi?
Per rispondere a questa domanda, e per comprendere anche il messaggio del telegramma, occorre spostare le lancette del tempo indietro al maggio 1894 e inquadrare il contesto storico in cui ci troviamo.
In quegli anni, in Sicilia, la crisi economica colpì alcuni tra i settori più redditizi dell’isola: il vino, gli agrumi, lo zolfo. Chi ne pagò per primi le spese furono principalmente i contadini (braccianti, pagati a giornata con salari miseri, e mezzadri, a cui toccava una piccola parte del raccolto) e gli operai (edili, zolfatai e tessili).
In comune alcune richieste, tra cui le otto lavorative al giorno per tutti (i contadini lavoravano da suli a suli, cioè dall’alba al tramonto, e chi abitava nei borghi rurali era costretto a percorrere chilometri di strada a piedi o sugli animali per recarsi sui luoghi di lavoro), il diritto al voto (all’epoca votavano solo coloro con un titolo di studio e un certo reddito) e la partecipazione all’amministrazione pubblica.
Anche artigiani, insegnanti, professionisti e piccoli proprietari condivisero quelle richieste: alla fine, un numero compreso tra 300 e 400 mila persone (su una popolazione complessiva di poco meno di 3 milioni e mezzo) vennero in qualche modo coinvolte.
Tutto questo malcontento sfociò nella nascita l’1 maggio 1891 a Catania del movimento “Fasci siciliani dei lavoratori” (o semplicemente “Fasci siciliani”) ad opera di Giuseppe de Felice Giuffrida, organizzazioni a metà tra un sindacato e un partito politico.
Analoga costituzione avvenne a Palermo, quindi a Siracusa, e in tantissime altre città siciliane: alla fine si arrivarono a contare un numero complessivo tra 144 e 175 (a seconda delle fonti) fasci.
Perché proprio il ‘fascio’?
Un dirigente così ne spiegò l’origine: «Un bastone tutti lo rompono, ma un fascio di bastoni chi lo rompe?»
Il 22 maggio 1893, a Palermo, si tenne il congresso regionale, e il movimento assunse una forma più organizzata e organica.
Se sino ad allora sul territorio si erano registrati alcuni episodi di insurrezione sfociati anche nel sangue, adesso quella struttura organizzata iniziava a far paura.
Quando nell’autunno del 1893 il movimento promosse una serie di scioperi, e quando a livello centrale il Governo Giolitti I si dimise e si insediò il Governo Cripsi, allora si decise di passare ai fatti, e molto rapidamente.
Il nuovo Primo Ministro, il siciliano Francesco Crispi, decise quindi di reprimere il movimento attraverso un rapido intervento militare tra il dicembre 1893 e il gennaio 1894. Si ebbero violenti scontri, esecuzioni sommarie con decine di morti, e arresti di massa in tutta l’isola compresi i dirigenti del movimento.
Il 3 gennaio 1894 Crispi decretò lo stato d’assedio e lo scioglimento dei Fasci. Nei mesi successivi e fino a maggio 1894 i processi si susseguirono rapidamente uno dopo l’altro: 1962 persone vennero condannate e inviate al domicilio coatto.
In questo contesto storico si colloca quindi il telegramma del presidente del consiglio Crispi al “Deputato Nicastro”.
Il Nicastro altri non è che il barone Filippo Nicastro Ventura, già deputato alla Camera dei Deputati per diverse legislature.
Nato a Chiaramonte Gulfi (Ragusa) l’11 maggio 1842 (dove morì il 2 settembre 1913), Nicastro al momento dei fatti era appunto Deputato della XVIII Legislatura del Regno d’Italia (23.11.1892 – 8.5.1895).
Cosa avrà scritto Nicastro a Crispi nel telegramma per cui lo stesso Crispi ringrazia?
Ovviamente non lo sappiamo.
Ma è verosimile pensare che potesse trattarsi di qualcosa relativo ai Fasci siciliani che ancora in quel momento erano sicuramente l’argomento politico in discussione.
Naturalmente, ho molto sintetizzato il contesto storico in cui ci siamo mossi con il documento di oggi, ma per chi volesse approfondire rimando ai tanti testi e risorse (anche online) esistenti sull’argomento.
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