Belvedere Marittimo è un comune della provincia di Cosenza che, ai tempi dei fatti che racconteremo oggi, contava circa 8.000 abitanti, poco di meno degli attuali (circa 9.000).
Gli artigiani del luogo sono rinomati per le loro lavorazioni con l’argilla, segni recenti di una tradizione che si perde nella notte dei tempi: diversi manufatti del IV-III secolo a.C. sono stati rivenuti a Capo Tirone, nella porzione marinara della città.
La cittadina, infatti, è praticamente separata in due: in alto, dove sorge anche il castello, la porzione antica, medioevale; in basso, sulla litoranea, la parte marinara, recente.
Ai tempi dei fatti che riguardano questo ‘sfizio’, gli abitanti della borgata marinara a stento superavano i 300. La quasi totalità degli abitanti era concentrata nel centro storico antico. E questi del borgo storico, infatti, sono infatti i luoghi che ci interessano.
Torniamo infatti ancora una volta a parlare di confino politico. Per non ribadire cose già dette, invito il lettore a cercare e leggere gli ‘sfizi’ relativi agli altri luoghi di confino di cui abbiamo già scritto (Ponza, Ventotene, Lipari, Ustica, Favignana, Pantelleria, Lampedusa, Tremiti, Pisticci e Agnone-Isernia).
La Calabria è una terra meravigliosa che meriterebbe molto di più, ma quell’isolamento che a volte ancora oggi è percepibile nell’aria ancora di più trasudava ai tempi del regime fascista.
Lo dico non per denigrare questa meravigliosa terra, ma semplicemente perché i numeri me lo fanno dire.
Come compiutamente riportato in “Regione di confino. La Calabria (1927-1943)” a cura di Ferdinando Cordova e Pantaleone Sergi, in Calabria vennero spediti 2119 confinati, distribuiti in ben 145 diverse località di confino.
Un numero spropositato se rapportato alle altre regioni, specie quelle del Nord che non videro per nulla, o in misura assolutamente irrisoria, confinati politici.
E Belvedere Marittimo era una di quelle 145 località.
Salvatore Fabiano, sul blog online “L’altra sinistra“, ha pubblicato i risultati delle sue ricerche a Belvedere Marittimo, e in particolare le risultanze delle interviste a chi quei fatti li ha vissuti in prima persona, in particolare Enrico Siecola e Nino Rogati, all’epoca giovanissimi.
Ai confinati veniva corrisposta un’indennità di alloggio pari a lire 1,66, ovviamente insufficiente e che veniva quindi arrotondata con lavoretti e piccole attività che i confinati eseguivano con la benevolenza della popolazione locale.
Dovevano presentarsi ogni mattina alle 9.00 presso la locale stazione dei Reali Carabinieri, mentre la ‘libera uscita’ era (in inverno) dalle 7 alle 20 e (d’estate) dalle 6 alle 21.
I confinati arrivavano in treno alla stazione ferroviaria di Belvedere Marittimo, e con i mezzi più svariati raggiungevano piazza del Municipio, sempre ammanettati e scortati dai Carabinieri. Quindi, venivano consegnati al segretario comunale, poi al Podestà e infine al maresciallo dei Carabinieri.
In attesa della sistemazione definitiva erano a volte ospitati nelle celle della caserma.
La corrispondenza in arrivo e in partenza era, come al solito, controllata e censurata.
A volte i confinati riuscivano ad aggirare i controlli con la complicità di ragazzini che impostavano la corrispondenza in paesi vicini.
Il citato testo di Cordova e Sergi riferisce che a Belvedere Marittimo vennero confinati 22 uomini e 2 donne. Spezzano (vedi bibliografia), invece, riferisce di 11, e ne fa nomi e cognomi: Lorenzo Capponi, Luigi Moraldo, Fausto Fortunato Avanzati, Marcello Marrone, Domenico Dettore, Lucio Mario Luzzatto, Romolo Cani, Nino Woditzka e sua moglie Rosa (detta Rosina) Burich, Salvatore Migliorini, Luciano Venegoni.
Qualunque fosse il numero esatto, è tuttavia certo che tra essi vi fosse Lucio Mario Luzzatto.
Lucio Mario Luzzatto (1913-1986), educato dal padre a sentimenti antifascisti, si avvicinò a posizioni socialiste quando nel 1929 frequentò il gruppo milanese di Giustizia e libertà.
Penna prolifica, lo ritroviamo nel foglio clandestino “Fronte rosso”, “Nuovo Avanti” e “Politica socialista”.
Nel 1937 venne arrestato insieme a dirigenti del “Fronte unico antifascista” milanese. Deferito al Tribunale speciale per la difesa dello Stato, fu assolto per insufficienza di prove ma condannato il 28.12.1937 (cfr. Dal Pont-Carolini) a 5 anni di confino che scontò dal gennaio 1938 al giugno 1940 a Belvedere Marittima, e poi fino al 1942 a Polla, in Lucania (busta 2891 del Fondo Confinati Politici conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato), per essere prosciolto il 22.4.1942.
Terminato il confino, nel gennaio 1943 fu con Basso e Bonfantini (vedasi ‘sfizio’ del confino politico a Ponza) tra i promotori del Mup che poi confluirà nel Psiup.
Terminata la guerra, fu membro di svariate commissioni in Parlamento partecipando alla I, II, III, IV e V legislatura.
Nel maggio 1949 divenne segretario del Psi; dal 1968 al 1972 fu nominato vicepresidente della Camera dei deputati; nel 1972 entrò nel Pci ma per poco perché abbandonò tutte le cariche politiche nel giugno di quello stesso anno quando venne eletto nel Consiglio superiore della magistratura.
Presso la Fondazione Gramsci onlus è conservato un fondo consistente in 712 unità archivistiche (2 buste e 710 fascicoli) pervenuto con due versamenti, uno dello stesso Luzzatto, e un secondo per volontà testamentaria alla sua morte.
Il già citato Spezzano cita qualche racconto di Luzzatto della sua permanenza calabrese:
«Con i confinati dei paesi vicini qualche volta ci è stato possibile incontrarci sui confini dei comuni vicini. E, quando ciò non era possibile, mantenevamo il contatto tramite i fattorini delle autocorriere. La popolazione di Belvedere fu cortese ed ospitale. Gli antifascisti locali con i quali discutevo erano due falegnami (Ciccio Giunta e Peppino D’Aprile), due calzolai (Ciriaco Martorelli, comunista, ed Eugenio Sarpa, socialista), un operaio delle ferrovie (Giuseppe Giunta) ed un giovane studente (Giuseppe Rogati, di cui frequentava la casa e con il quale mantenne rapporti epistolari per alcuni anni). Notizie di Cosenza mi venivano date da un rappresentante della Galbani (forse un certo Nino Nappo socialista). Qualche volta vidi anche Luigi Prato (comunista) che mi fece conoscere altri antifascisti della zona di cui non ricordo i nomi. E’ certo che la solidarietà che ci veniva manifestata era per noi un grande aiuto morale, così come è certo che la nostra presenza e la nostra chiara e decisa posizione serviva da incoraggiamento e da spinta agli antifascisti locali.»
Naturalmente, avrete già compreso, i documenti che vi mostrerò oggi appartengono appunto alla storia di Lucio Mario Luzzatto.
Il primo documento in ordine di tempo è una cartolina illustrata (una comune veduta del Vaticano) spedita da Roma il 3 novembre 1939 e indirizzata a Luzzatto Lucio Mario e signora, Belvedere Marittimo (Cosenza).
La cartolina non riporta segni di censura di alcun genere, ma in merito molto interessante risulta il testo.
«Carissimo Luzzatto, non avendo avuto più tue notizie, né risposta alla mia cartolina con saluti da me spedita poco dopo la mia visita a Belvedere, spero che ciò sia dovuto alle inevitabili more della censura e che tanto tu che tua moglie godiate ottima salute. Io finora sono stato molto occupato con la laurea, ma avendo oggi sostenuto la discussione della tesi, il mio primo pensiero è stato come vedi quello di chiedere tue notizie. In attesa di una tua risposta, sinceri saluti a te e tua moglie.»
Non riesco a leggere la firma, forse Macallo o qualcosa del genere. Ad ogni modo, irrilevante. Quel che è invece interessante è il riferimento alla censura. Sebbene la cartolina non riporti segni di censura, la corrispondenza veniva controllata eccome.
Durante il confino a Belvedere, e precisamente il 5 febbraio 1938, Luzzatto si sposò con Sadun Eloisa, di cinque anni più grande di lui, che nel frattempo l’aveva raggiunto.
Ecco spiegati quindi i riferimenti alla moglie e il motivo per cui compare come destinataria anch’ella nella corrispondenza.
Anche la seconda cartolina che mostro oggi è indirizzata ai coniugi Luzzatto (e anche in questo caso il lato illustrato è irrilevante ai nostri fini: un disegno).
Datata qualche giorno dopo, il 20 novembre 1939, è spedita stavolta da Corigliano Calabro, sempre in provincia di Cosenza.
Stavolta, la cartolina passa dalla censura, o meglio (per la precisione) dal controllo di polizia. Riceve infatti il bollo dell’Ufficio di Polizia Urbana, ma non di Belvedere Marittimo, di Corigliano Calabro, dal paese di partenza.
E la firma del ‘controllore’ che annota:
«Visto
Il V. Comand.te le GG. M.
Mani…»
Durante il ventennio fascista era stata istituita la figura della “Guardia Metropolitana”, un corpo di polizia locale operante in tre grandi città (Roma, Napoli e Palermo), anche se in questo caso credo che il Comandante si riferisca alle ‘guardie municipali’, in senso lato.
La firma non riesco a interpretarla.
Così come non chiaro è chi spedisce il ‘ricordo affettuoso’, sembra più una sigla che una firma per esteso.
Molto probabilmente un altro confinato dal momento che la cartolina venne controllata in partenza.
Rispetto alle colonie confinarie sulle isole, dove era istituito un vero e proprio ufficio di censura, questa è una bella differenza: la corrispondenza dei pochi confinati (rispetto alle centinaia di persone delle isole) nelle piccole località di confino non giustificava l’istituzione di un vero e proprio ufficio. La corrispondenza era controllata, sì, ma dalla polizia locale e, probabilmente, a maglie larghe.
Come detto, Luzzatto, una volta terminata la guerra, si impegnò in politica, e in particolare nel Partito Socialista Italiano.
E’ di questo periodo il terzo documento che presento, ovvero una cartolina spedita il 26 maggio 1949 da Vicenza, e dall’illustrazione molto evocativa, la raffigurazione del “Quarto Stato” di Pelizza da Volpedo.
Destinatario: il «compagno
LUCIO LUZZATTO
PARTITO SOCIALISTA ITALIANO
Via del Corso 476
ROMA»
Interessante anche il testo dattiloscritto:
«Per assicurarti della mia presenza a Belluno il 2 Giugno. Finora qui nulla di nuovo, né temiamo cose gravi!!! Fraternamente, Teresa Moretto»
Come noto, il 2 giugno 1946 il popolo italiano si recò alle urne per scegliere tra Monarchia e Repubblica e per eleggere i candidati all’Assemblea Costituente.
A partire dal 2 giugno 1947 si organizzarono, ogni anno, a Roma delle celebrazioni per festeggiare il risultato di quel Referendum, e dal 2 giugno 1948 venne allestita anche una parata militare.
Poi, con Legge 27 maggio 1949, n. 260 “Disposizioni in materia di ricorrenze festive”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 124 del 31.5.1949, il 2 giugno venne dichiarata ufficialmente Festa Nazionale.
Il 2 giugno 1949, però, si festeggiava anche l’ingresso dell’Italia nella NATO, e per tale ragione le celebrazioni vennero organizzate non solo a Roma ma anche in altre nove città italiane.
Ho riscontrato quest’ultima informazione in decine di siti web, anche istituzionali (Difesa, Governo, etc), ma in nessuno di essi si riporta l’elenco completo di queste dieci città dove nel 1949 si organizzarono tali celebrazioni.
Forse Belluno era una di queste, e per tale ragione era importante che una persona fidata della Federazione di Vincenza del PSI fosse presente essendo sicuramente Luzzatto impegnato a Roma.
Occorre infatti ricordare che sin dalla sua prima elezione alla Camera, nel 1948, Luzzatto si presentò e venne eletto nelle liste del PSI del collegio Treviso – Venezia.
Va inoltre anche ricordato che il Partito Socialista a Belluno e provincia, alle elezioni del 2 giugno 1946, era andato benissimo: con il 28.7% dei voti, era ben oltre la media nazionale del 20.68%.
Riproduzione riservata.
Bibliografia
– Ferdinando Cordova, Pantaleone Sergi (a cura di), “Regione di confino. La Calabria (1927-1943)”. Bulzoni editore, Roma, 2005.
– Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, “L’Italia al confino 1926 1943. Voll. 1, 2, 3, 4”. La Pietra, Milano, 1983.
– Salvatore Fabiano, “Appunti di storia belvederese”. Inedito.
– Franco Spezzano, “Fascismo e antifascismo in Calabria”. Lacaita, Manduria, 1975.