Il 25 aprile è la Festa della Liberazione.
Liberazione da cosa?
Dall’oppressione nazi-fascista, chiaramente.
Fu liberazione per il popolo italiano che per un ventennio vide crescere gli aspetti più terribili di un movimento, non solo politico, prima acclamato e poi temuto.
Fu liberazione ancora per il popolo italiano che, volente o nolente, dovette subire le sorti atroci di una guerra che portò la nazione sul baratro.
Fu liberazione per quel popolo italiano che vide trucidati i propri cari per rappresaglia dai nazisti in ritirata verso Nord.
Fu liberazione per quel popolo italiano che vide bombardata la propria casa da chi era arrivato in Italia per liberarla.
Fu liberazione per quelle mamme, quei padri, quelle mogli, quei figli, che attendevano, spesso senza alcuna notizia, il ritorno a casa del proprio amato.
Fu liberazione per quei soldati che combatterono per la Patria convinti di essere dalla parte dei giusti e che, una volta catturati dagli Alleati, vennero deportati nei campi di prigionia sparsi in tutti il mondo.
Fu liberazione per quei soldati che, costretti a combattere una guerra non propria, non appena fu loro possibile, si aggiunsero ai liberatori e che, una volta catturati dai nazisti, vennero deportati nei campi di prigionia del Reich (o di quello che ne rimaneva).
Fu liberazione per quelle donne e quegli uomini che imbracciarono un fucile e combatterono strenuamente nella Resistenza.
E potrei continuare.
Insomma: fu liberazione!
Dal 1946 si festeggia il 25 aprile, data simbolica, giorno in cui tutti i comitati di liberazione del Nord si coordinarono per attaccare, e costringere alla resa, tutti i presidi nazifascisti ancora operanti.
E questo ancor prima dell’arrivo degli Alleati.
“Eroi”.
Oggi un calciatore fa un gol in rovesciata (cioè non fa altro che il mestiere per cui viene stra-pagato) e viene definito “eroe”.
Ma eroe di cosa?
L’Agnese di Renata Viganò è un’eroina! I Finzi-Contini di Giorgio Bassani sono eroi!
Pensateci, prima di sparare l’etichetta “eroe” a chicchessia!
Sfizi.Di.Posta, nella giornata di oggi, rende onore a tutte quelle donne e a tutti quegli uomini che hanno combattuto, spesso a scapito della propria vita, per la loro libertà, per la libertà dei propri cari, e per la nostra libertà.
Se oggi siamo uomini liberi lo dobbiamo a loro.
Se oggi abbiamo la possibilità di scrivere su un social lo dobbiamo a loro.
Non dimentichiamolo mai.
E, naturalmente, Sfizi.Di.Posta lo fa a modo suo, facendo ‘parlare’ i documenti.
Stavolta non si tratta di un documento postale, ma è un documento che mette i brividi.
Una volta ‘conquistati’ i territori, gli Alleati dovettero mantenere per due anni e mezzo circa il controllo del territorio istituendo il cosiddetto A.M.G., Allied Military Government.
Questo governo militare, retto dalla Fifth Army e dal IV Corps, ebbe funzioni di controllo del territorio, da tutti i punti di vista.
Sull’argomento, suggerisco la lettura di “Allied military administration of Italy 1943-1945” ad opera di C. R. S. Harris ed edito a Londra nel 1957 per i tipi di Her Majesty’s Stationery Office.
Tra le varie commissioni che vennero istituite sotto l’egida dell’A.M.G. spicca la “Displaced persons & repatriation sub-commission“, una sub-commissione appunto per il rientro delle persone scomparse, vive o morte.
Martina Ravagnan, nel suo saggio “I campi Displaced Persons per profughi ebrei stranieri in Italia (1945-1950)” così riassume la situazione all’alba della fine della guerra:
«All’indomani della fine della Seconda guerra mondiale, nel maggio 1945, si trovavano nei territori di Germania, Austria ed Italia più di 10 milioni di profughi di varia nazionalità.
Questa enorme ed eterogenea massa di persone in movimento, proveniente in maggioranza dall’Europa centrale ed orientale, era costituita da ex prigionieri di guerra, civili in fuga, ex internati di campi di concentramento o di lavoro e da collaboratori volontari dei nazisti.
La loro condizione venne indicata dagli Alleati con la formula Displaced Persons (DPs), coniata dal sociologo e demografo di origine russa Eugene M. Kulisher, un termine tecnico per definire coloro che si trovavano al di fuori dei confini dei propri paesi di origine, persone “spostate” di cui la comunità internazionale doveva occuparsi e che dovevano essere “ri-locate”.»
Il documento che vediamo oggi altro non è che una scheda personale per prelevamento viveri all’A.M.G. Transit Center di Bologna.
Intestata a un militare originario di Caltanissetta, classe 1909, dalle annotazioni riportate su di essa veniamo a conoscenza di svariate informazioni.
Anzitutto, la provenienza: Modena.
Non è un caso che un militare catturato si trovasse a Modena. Nei pressi di Modena, infatti, e precisamente vicino Carpi, in frazione Fossoli, dal 1942 venne istituito uno dei campi di prigionia più temuti in assoluto.
Fossoli, infatti, non era soltanto un campo di internamento per militari e prigionieri politici. Era anche un campo di transito. Per dove? Per i campi di concentramento tedeschi di Auschwitz-Birkenau, dove spesso il biglietto ferroviario era di sola andata.
Si stima che da Fossoli siano passate circa 5.000 persone dirette ad Auschwitz, la metà dei quali ebrei (un terzo di tutti i deportati ebrei italiani).
Tra questi, Primo Levi.
Una volta caduto il nazi-fascismo, gli internati di Fossoli vennero pertanto liberati, e il nostro militare diretto a casa a Caltanissetta ricevette i primi soccorsi appunto al centro di Bologna, cui appartiene la scheda che vediamo oggi.
Sulla scheda è riportata l’assegnazione del militare in una tenda del campo profughi n.3, nonché la disinfestazione dello stesso.
Giunto al campo di Bologna il 28 giugno 1945, la sera di quel giorno si servì del Buono Prelevamento Viveri presente sulla scheda per la cena, così come per la colazione e il pranzo del giorno dopo. Lo possiamo vedere dai fori praticati sulla scheda.
Nel pomeriggio del 29 giugno, quindi, verosimilmente lasciò il campo, diretto a Caltanissetta. Lo sappiamo sempre dai fori della scheda, mancanti già dalla cena del 29 giugno.
Non sappiamo esattamente quando arrivò a Caltanissetta. Tuttavia, una nota manoscritta firmata dall’Aiutante Maggiore del Distretto Militare di Caltanissetta, in data 6 luglio 1945, riporta: “Visto arrivare e ripartire S. Caterina“.
Trattasi di Santa Caterina Villarmosa, piccolo comune a 12 km in linea d’aria da Caltanissetta.
Il nostro militare, quindi, è sopravvissuto alla guerra, è sopravvissuto a Fossoli, ed è riuscito a tornare a casa sano e salvo.
Quanti non ebbero la sua fortuna!
Quanti oggi non hanno la sua fortuna!
Liberate i vostri cuori, capi di Stato di tutto il mondo.
Basta guerre.
Basta stupri.
Basta infanticidi.
Basta missili sugli ospedali e gli asili.
Basta!
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