Il dizionario dei proverbi per gli studenti delle scuole elementari di Nobuo Aoki, edito da Seitosha nel 2015, lo cita tra i proverbi classici giapponesi:
“Un samurai usa lo stuzzicadenti anche quando non ha mangiato“.
E lo si usa quando si vuole indicare una persona d’orgoglio che si mostra sazia anche se ha la pancia vuota, soddisfatta anche quando deve accontentarsi di poco.
In effetti, lo stuzzicadenti, quel bastoncino di legno che si utilizza per rimuovere i residui di cibo tra i denti, fa parte della cultura classica giapponese tanto che il marchio commerciale più noto (depositato nel 1965 dai fratelli Lotti) di stuzzicadenti (realizzati con le betulle provenienti dall’isola di Hokkaido) richiama i mitici guerrieri giapponesi.
Ma la sua origine risale a qualche tempo prima.
Alcuni graffi sulla radice di un dente di Homo Georgicus (una specie ominide intermedia tra Homo habilis e Homo erectus) ritrovati nel sito archeologico di Dmanisi, in Georgia, risalente a circa 1.8 milioni di anni fa, sono stati attribuiti all’uso inequivocabile di un rudimentale stuzzicadenti.
Questo strumento divenne di uso più comune e quotidiano nell’Antica Grecia e nell’Antica Roma, principalmente tra le classi più agiate.
Venivano realizzati in legno ma anche in osso o in metallo. Quest’ultima versione veniva impreziosita di pietre preziose e metalli pregiati, e più era pregiato il manufatto più alta era la considerazione sociale che aveva il proprietario.
Lo stuzzicadenti fu inoltre al centro di un episodio criminale. Diodoro Siculo racconta come nel 289 A.C. Memone di Egesta e Arcagato (suo nipote, ansioso di succedergli) uccisero Agatocle, tiranno di Siracusa, intingendo il suo stuzzicadenti, una penna d’oca, nel veleno.
Anche nel Medioevo lo stuzzicadenti fu uno strumento molto utilizzato tra le classi più agiate. Realizzati in metalli e pietre preziose, e incastonati in pendenti, venivano ostentati e indossati come qualsiasi altro monile.
Nel XVI secolo la prima svolta: le suore del Mosteiro de Santa Maria do Lorvão, nel distretto di Coimbra in Portogallo, iniziarono a produrre stuzzicadenti in serie.
I bastoncini di legno iniziarono a diventare oggetto di massa, per tutti.
Persino il Veronese, nel suo più famoso dipinto del 1563 “Le nozze di Cana”, oggi ammirabile al Louvre, rappresenta una donna intenta a ripulirsi i denti con uno stuzzicadenti (la si vede nella porzione centrale del quadro, sulla sinistra).
La vera svolta nella diffusione globale dello stuzzicadenti avviene il 24 marzo 1891 quando l’imprenditore americano Charles Forster e il produttore di macchinari industriali Charles Freeman depositano il brevetto dello stuzzicadenti in legno di pioppo.
Con sede nel Maine, l’azienda produceva 500 milioni di stuzzicadenti l’anno. Gli stessi Americani furono gli indiretti testimonials di questo prodotto, in particolare nell’immediato secondo dopoguerra, quando ne diffusero l’uso in tutto il mondo.
In Italia, tuttavia, l’uso dello stuzzicadenti era già abbastanza diffuso, e ce lo dimostra il documento postale che voglio mostrarvi oggi.
Si tratta di un libretto di dimensioni 20 per 13 centimetri costituito da tre pagine legate tra loro con la colla al bordo sinistro, e regolarmente spedito per posta con tariffa “Stampe”.
Il bollo postale è molto inchiostrato e poco leggibile, ma si intravede un “27” quale anno di spedizione, riportato anche all’interno nel contenuto di cui parleremo a breve.
Nel 1927, difatti, la tariffa “Stampe” è di 10 centesimi, esattamente il valore del francobollo utilizzato per la spedizione.
Il libretto, come è facile vedere dalle immagini, altro non è che una pubblicità agli “Stuzzicadenti Igienici” prodotti dalle Riunite Fabbriche Italiane Stuzzicadenti Igienici Fratelli Grassilli di Monfalcone.
Nelle pagine interne si trovano alcuni messaggi promozionali ad incentivare l’acquisto, un listino (datato gennaio 1927, senza prezzi – “prezzi a richiesta e campioni gratis”), e in ultima pagina un calendarietto del 1927.
Il lettore attento avrà già fatto caso a quanto riportato a pagina 2, e che merita un approfondimento:
«Usando stuzzicadenti IGIENICI non solo avrete scongiurato il pericoloso sviluppo di serie malattie ma verrete a cooperare alla liberazione economica dell’Italia ed eviterete l’invasione estera anche dei più semplici articoli».
Come noto, il regime fascista aveva attuato una profonda politica economica autarchica, sia in risposta alle sanzioni economiche che la Società delle Nazioni aveva imposto all’Italia a causa della guerra mossa in Etiopia, sia in quanto tale politica è propria dei regimi totalitari (durante il nazismo in Germania, e oggi nella Corea del Nord).
L’autarchia è infatti una politica economica che, sfruttando le risorse proprie di uno stato, tende a renderlo autosufficiente e quindi economicamente indipendente dai paesi esteri.
E, di questi tempi, scatta automatico il parallelismo con quanto sta accadendo in Ucraina e quando si parla dell’autosufficienza economica e dello smarcamento dalla dipendenza del gas russo.
La politica autarchica, sebbene non sia quindi sulla carta un’idea del tutto errata, porta inevitabilmente lo stato che la pratica a chiudersi, a isolarsi: i mancati scambi commerciali con l’estero di materie prime porta, infatti, il paese autarchico ad un depauperamento della qualità dei propri prodotti.
Tutto ciò, ovviamente, venne trascurato a favore della grande propaganda che invece derivava dall’enfatizzare i prodotti italiani come i migliori del pianeta. In alcuni casi ciò era comunque rispondente alla realtà, in altri casi no.
Ho provato a cercare notizie sulla ditta Grassilli di Monfalcone che produceva stuzzicadenti, ma non ho trovato nulla di utile. Sparita nel nulla. Conseguenza della politica autarchica?
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