UNA LOTTERIA PER I POVERI OPERAI

UNA LOTTERIA PER I POVERI OPERAI

Il documento postale di oggi è un normalissimo piego inviato da un Sindaco a un altro Sindaco nel 1874. Normale affrancatura di 2 centesimi, normale bollo postale ad annullare il francobollo (il classico doppio cerchio dell’epoca), normali bolli amministrativi (del Sindaco e del Comune).
La cosa interessante, come avviene quando si scarta una caramella, è dentro.
Ma andiamo con ordine.

Sulla scorta dell’esperienza accumulata per secoli dalle corporazioni, con lo sviluppo industriale nella seconda metà dell’Ottocento nacquero le Società Operaie di Mutuo Soccorso, una sorta di proto-sindacati che avevano l’obiettivo di tutelare i lavori dal punto di vista sociale.

Mutualità, istruzione, previdenza, solidarietà fra i lavoratori, autogestione dei fondi sociali, questione della moralità: erano i caposaldi entro cui si inseriva l’azione di ogni Società di Mutuo Soccorso.
A volte a integrare, spesso a sopperire, alle carenze di assistenza sociale dello Stato.

Ma non solo. Le Società ambivano anche al raggiungimento di altri scopi accanto a quelli tradizionali: il sostegno creditizio agli associati, la fornitura di materie prime, la vendita ai soci di prodotti di prima necessità al prezzo di costo, la costituzione di magazzini sociali. Tutti obiettivi legati alla difesa degli interessi di ciascuna categoria.

Il discorso è naturalmente molto ampio e complesso, e non è questa la sede per affrontarlo, pena il rischio di sminuirlo e di trattarlo male.
Rimando pertanto alla nutritissima bibliografia sull’argomento rintracciabile anche online.

Ma torniamo al nostro piego.
All’interno troviamo uno stampato, evidentemente predisposto per invii multipli, in cui si pubblicizza il nuovo concorso indetto per il 1874 dalla Società di Mutuo Soccorso fra gli Operai ed Artigiani Matelicesi.

Lo stampato altro non è che una cedola, in questo caso siglata con il numero 8206, che dava il diritto a partecipare alle cinque estrazioni previste.
E’ interessante notare che il costo della cartella di Lire 1 poteva essere corrisposto mediante vaglia postale oppure anche francobolli.

Tutto il ricavato, come si legge, era destinato alla costruzione di una Casa di lavoro ad uso della “Classe indigente”, ovvero un luogo dove svolgere in tutta sicurezza lavori industriali e artigianali.

Attenzione che, oggi, con “casa di lavoro” si intende tutt’altro, ovvero una misura di sicurezza detentiva prevista dall’art. 215 del Codice penale che prevede la permanenza del detenuto all’interno di un luogo a svolgere lavori di tipo industriale o artigianale (i lavori agricoli si svolgono invece nelle “colonie agricole”).

I numeri corrispondenti a questa cedola erano 08206, come annotato a penna sopra la gradevolissima incisione raffigurante cinque uomini intenti a estrarre a sorte un numero da un’urna, e un sesto uomo che gira le urne con un meccanismo simile a un girarrosto.

Come tutte le lotterie, ovviamente erano previsti dei premi.
In questo caso, le cinque persone proprietarie di una cartella vincente avrebbero ricevuto in premio, ciascuno, 20 coperte di lana realizzate dagli stessi operai destinatari della casa di lavoro.
Come mai le coperte di lana?

Matelica oggi ha una fortissima vocazione enogastronomica, a partire dal rinomato Verdicchio ‘di montagna’ (per distinguerlo dal fratello ‘di mare’, quello di Jesi).
Ma il boom vinicolo è questione recente. All’epoca dei fatti del nostro documento tutto questo non c’era, e la popolazione era impiegata in campagna e in attività artigianali quali la tessitura della lana, la concia delle pelli.

Sergio Anselmi, nel suo saggio “L’industria della lana a Matelica” (in “Quaderni storici delle Marche”, Vol. 1, No. 1(1), gennaio 1966, Editrice Il Mulino) così scriveva:

«Matelica è nota, nella storia dell’industria tessile italiana, per la lavorazione della lana che, con alterna fortuna, vi fiorisce dal Cinquecento all’Ottocento, finché, nel 1860, le sue manifatture, logorate dalla lunga crisi della Restaurazione, sono travolte dall’unificazione del mercato.»

Ultima nota curiosa.
Pur ricadendo da tempo nella già esistente Provincia di Macerata (che variò a livello territoriale diverse volte nel tempo ma che sempre Matelica comprendeva), Matelica è indicata come “Matelica (Marche)” e non come “Matelica (Macerata)”.

Il lettore attento lo avrà già notato, sia nel testo prestampato della cartella della lotteria che nel bollo postale a doppio cerchio che annulla il francobollo da 2 centesimi.
Perché?

Il motivo va ricercato nel caos che regnò per un po’ nel servizio postale italiano appena istituito all’alba del 1860/1861.
La fornitura di nuovi bolli per le provincie e regioni annesse al Regno d’Italia fu operazione lunga e complessa. In diverse località per mesi dopo l’annessione si continuarono ad adoperare i bolli delle amministrazioni postali precedenti.

Molte, moltissime, furono quindi le località che, tutte insieme, dovettero convergere nell’unificato servizio postale del Regno d’Italia, e per molte di esse nelle regioni Marche e Umbria si pensò di utilizzare il nome della regione nel bollo postale.
Ecco quindi: Acqualagna/Marche, Fano/Marche, Matelica/Marche, Spoleto/Umbria, Terni/Umbria, Todi/Umbria, e decine di altre.

Con la fornitura dei nuovi bolli a cerchio grande del 1890 la dicitura “Marche” scomparve dal bollo di Matelica, mentre con i successivi bolli tondo-riquadrati comparve finalmente l’indicazione della provincia “(Macerata)”.

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