Si sa.
La ricerca oggi di un posto di lavoro è la più grande incognita per moltissimi giovani, spesso più che formati, e che spesso devono adattarsi a lavori saltuari, precari, e lontani da ciò che hanno studiato e di cui sarebbero esperti.
Ma in passato fu tanto diverso?
Non proprio.
Nell’Ottocento, e a cavallo dell’Unità d’Italia, l’assenza di un lavoro era vista come una questione ineluttabile. Si accettava. E così si accettava anche qualsiasi occupazione, anche saltuaria.
Soltanto con l’avvento delle lotte operarie di fine Ottocento vi fu una maggiore coscienza del problema, e di conseguenza una maggiore attenzione della politica.
Sicuramente, la Grande guerra prima, e la Seconda guerra mondiale dopo, influirono positivamente nell’abbattimento del tasso di disoccupazione: tutti all’armi!
Tuttavia, qualcuno più lungimirante pensava anche “al dopo”.
E’ il caso del protagonista dello sfizio di oggi, il soldato Consiglio.
No, non mi sono sbagliato. Consiglio è un nome proprio di persona, oggi sicuramente in disuso ma all’epoca non così raro come oggi.
Consiglio era un fante, inquadrato nel 74° Fanteria cui era assegnato l’ufficio di posta militare n.47.
Il 74° reggimento fanteria era inquadrato nella 57a Divisione di fanteria “Lombardia” e all’epoca della spedizione della cartolina postale di questo sfizio, il 15 aprile 1941, era nel pieno delle operazioni.
Impegnata nel conflitto italo-jugoslavo, la Lombardia partecipò alle operazioni a partire dal giorno dell’invasione, il 6 aprile del ’41. L’11 aprile entrò in territorio jugoslavo raggiungendo il 12 Jelenie e Clana, il 14 Buccari, il 16 Novi Vinodol.
Il 17 aprile i rappresentanti dell’esercito militare jugoslavo firmarono la resa.
Non è infatti un caso che la cartolina è datata dal mittente 15 aprile (nei giorni dell’invasione) mentre il bollo dell’ufficio postale è del 23 aprile, una settimana dopo, a bocce ferme.
Eppure, il nostro fante con una calma assoluta, un italiano perfetto, e una calligrafia che non lascia trasparire il minimo di preoccupazione o stanchezza, scrive:
«Egregio Commendatore,
Da oltre confine mi si comunica che alla fine del mese di marzo un fattorino della Banca d’Italia si è presentato nella mia abitazione per consegnare una lettera a me indirizzata.
Si trattava, come Voi stesso avete fatto sapere a mio fratello, dell’invito di presentarmi dal medico per essere sottoposto a visita, in seguito alla quale avrei preso servizio.
Trovandomi in questo momento in Zona di Operazioni, a compiere il duplice dovere di soldato e di fascista, tale notizia, tanto ardentemente attesa, ha iniettato in me nuovo vigore e stimolo per la presente e future battaglie che non tarderanno a regalarci l’agognata vittoria.
Nella certezza che il mio richiamo non sia causa di nuocere alla assunzione già avvenuta, Vi ringrazio vivamente di tutto l’interessamento e Vi ossequio.
Dev.mo Consiglio Silvestri»
La cartolina è difatti indirizzata al Commendatore Francesco Marinaro della Banca d’Italia, via Nazionale a Roma.
Francesco Marinaro (Miglionico, 20 ottobre 1892 – 6 settembre 1972), laureato in giurisprudenza, nel 1944 prese parte (insieme a illustri colleghi quali Luigi Einaudi, Paolo Treves, Ugo La Malfa, Ivanoe Bonomi, Vittorio Foa) alla discussione sugli accordi di Bretton Woods per la costituzione del Fondo monetario internazionale e della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo.
Successivamente, fu segretario in tre diverse commissioni istituite per l’Assemblea Costituente, e quindi deputato dell’Assemblea Costituente stessa nelle fila del partito politico “Fronte dell’Uomo Qualunque” ove svolse un ruolo rilevante nella stesura dell’Art.47 della Costituzione in cui si tutela e incoraggia il risparmio e disciplina l’esercizio del credito.
Le sue doti di economista, del resto, erano già emerse attraverso la posizione che ricoprì in Banca d’Italia, quale capo del personale, e proprio per questo suo ruolo il nostro Consiglio gli stava scrivendo.
Ma torniamo alla cartolina che, a mio avviso, è un chiaro avvertimento: caro Commendatore, io non sto qui mica a giocare con le bambole o a trastullarmi con i peluche, sto facendo il mio duplice dovere di soldato e di fascista, non ti azzardare minimamente a non garantirmi l’assunzione appena torno!
A rincarare la dose, anche la frase stampigliata su queste cartoline che erano fornite alle truppe per scrivere a casa senza affrancare, in esenzione di tassa postale:
“Unito a voi come non mai sono sicuro che il vostro valore ed il patriottismo del popolo italiano sapranno ancora una volta assicurare la vittoria alle nostre armi gloriose” (Vittorio Emanuele).
Della serie: lo dice pure il Re…
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