The Gramophone Company Ltd. fu una compagnia di registrazioni sonore fondata nel Regno Unito nel 1898. L’anno successivo la ditta creò un’etichetta discografica, la “His Master’s Voice“, nota in Italia come “La voce del padrone”.
Chi ama il mondo del vinile sa di cosa parlo e conosce benissimo il celeberrimo logo di quest’ultima, un cagnolino che sembra ascoltare la musica proveniente dalla campana di un grammofono.
Nel 1931 la società si fuse con la Columbia Graphophone Company per formare la “Electric and Musical Industries Ltd.“, la EMI.
Il nome “The Gramophone Company Limited” continuò a essere usato in Gran Bretagna ancora negli anni 1970. Tanto per dirne una, sull’etichetta di The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd era riportato come copyright “1973 The Gramophone Company, Ltd.“.
Tutto ciò non rimase relegato alle scogliere di Dover e al mondo di Albione.
Appena quattro anni dopo la sua fondazione ritroviamo The Gramophone Company a Napoli, e precisamente in piazza della Borsa 27-28.
Forse anche da prima, non sappiamo, non sono riuscito a trovare notizie certe.
Quel che è certo è, invece, che il 3 gennaio 1901, data di spedizione della lettera protagonista dello sfizio di oggi, la società inglese aveva una sede locale a Napoli.
La busta in questione, oltre a presentare l’intestazione commerciale della rappresentanza italiana della Gramophone Company, riportava a sinistra un box molto curato graficamente e che riferiva delle caratteristiche peculiari della ditta stessa.
«Il grammofono 1900
Con dischi di ebanite indistruttibili
PARLA. CANTA. SUONA
Catalogo a richiesta
Grammofoni e cilindri di cera a prezzi eccezionali
Cercansi attivi rappresentanti a buone condizioni»
I dischi all’epoca non erano infatti realizzati in vinile come quelli odierni, ma in ebanite.
L’ebanite è un materiale che non esiste in natura e che si crea vulcanizzando la gomma naturale con un eccesso di zolfo.
Il materiale che si ricava è duro ma fragile, ideale per la realizzazione dei dischi a 78 giri.
I grammofoni dell’epoca, infatti, suonavano dischi a 78 giri (si intende che in un minuto un disco effettua 78 giri completi) in ebanite, gommalacca, lamina di vetro.
Ciò avveniva sino agli anni ’40 quando venne introdotto il vinile (in PVC).
Oggi, i piatti moderni suonano vinili a 45 e 33 giri.
E a chi scrive la ditta di grammofoni?
All’Amministrazione della Casa del Principe Galati a Palermo.
Di che si tratta?
In provincia di Messina esiste un paese che si chiama Galati Mamertino. Il titolo nobiliare “Principe di Galati” a questo feudo si riferisce.
Questo titolo fa la sua apparizione nel 1644 con la famiglia Amato, don Antonio per la precisione. Poi il titolo (e tutti i possedimenti) vennero tramandati di generazione in generazione sino a giungere ad Antonino de Spucches (1797-1868), discendente del ramo siciliano di un’antica e nobile famiglia di origini spagnole.
Il titolo fu quindi ereditato dal figlio Giuseppe de Spucches (1819-1881) e infine reclamato e decretato al di cui figlio Antonino Vittorio Emanuele de Spucches (1860-?) nel 1903.
Ne consegue che il casato del Principe di Galati rimase vacante dalla morte di Giuseppe (1881) al decreto che intitolò Antonino Vittorio Emanuele (1903).
In quei ventidue anni, evidentemente, venne creata un’Amministrazione del casato, in attesa del decreto sul nuovo discendente.
E come mai la ditta di grammofoni scrisse al Principe Galati (o a chi ne faceva le veci)?
La risposta è nella lettera all’interno.
Altro non è che un modulo artigianale per telegrammi, qui usato semplicemente come carta intestata per una fattura.
L’Amministrazione del Principe Galati aveva acquistato 12 dischi al prezzo di 40 Lire, circa 3.3 Lire a disco.
Utilizzando un comparatore Lire/Euro messo a disposizione dal sito del Sole 24 ore, possiamo osservare che 3.3 Lire nel 1901 avevano lo stesso potere d’acquisto che hanno oggi circa 15 Euro.
15 Euro a disco: prezzo congruo, quindi.
E che musica avrà mai acquistato l’Amministrazione del Principe Galati?
Non lo sappiamo, nella fattura non è indicato.
Non possiamo nemmeno immaginarlo?
Beh, non proprio, possiamo.
Anzitutto, la musica classica, ovviamente.
All’epoca erano in attività Gustav Mahler (la Sinfonia n.4 è del 1900), Richard Strauss (i poemi sinfonici Don Chisciotte e Una vita d’eroe sono del 1897 e 1898), e Jean Sibelius (la Sinfonia n.1 in Mi minore, Op.39, è del 1899-1900).
Ma non solo, era ancora molto in voga anche la romanza dell’Ottocento, in stile tardo romantico, canzoni da salotto di carattere sentimentale, generalmente accompagnate al pianoforte o dal classico quartetto d’archi.
Saranno stati questi dischi di gradimento del futuro Principe di Galati?
Secondo me sì, assolutamente sì!
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