Dell’idroscalo di Siracusa ho già avuto modo di parlare, per cui rimando il lettore che non ha avuto modo di leggere o colui che voglia rinfrescarsi la memoria al relativo sfizio:
https://www.sfizidiposta.it/2023/03/06/quando-a-siracusa-ammaravano-gli-idrovolanti/
oppure
https://www.facebook.com/sfizidiposta/posts/pfbid02XxLSnmUJwWHiv3xEBAzVpeJdHDDkHm2zu9hPBDxTKP3RAzUT5Nq7CFo1eo45prrCl
Dico questo perché la cartolina protagonista dello sfizio di oggi parte il 4 luglio 1941 proprio dal Regio Aeroporto di Siracusa.
Non è dato sapere se dall’idroscalo o dalle strutture a terra, ma ho motivo di pensare che si tratti proprio dell’idroscalo.
I destinatari, infatti, sono un gruppetto di avieri, tutti nominati per cognome, distaccati al Comando Aviazione dell’Alto Tirreno all’Arsenale della Spezia.
Per chi non ne avesse contezza, la base navale dell’Arsenale è un’imponente struttura di circa 90 ettari contenente centinaia di strutture e km di strade interne, al porto di La Spezia.
Il Comando Aviazione Alto Tirreno altro non è che il 1° Gruppo Idro, ovvero un comando idrovolanti dislocato appunto a La Spezia.
Ecco perché, a mio avviso, la cartolina è partita proprio dall’idroscalo di Siracusa.
La cartolina è di quelle in franchigia, in dotazione alle truppe, per scrivere gratuitamente con inoltro ordinario.
In questo caso, presenta il bollo in partenza “CONC.TO P.M. SIRACUSA – SEZ.STACC.CATANIA”, ufficio che operò dal 15 gennaio al 20 settembre 1941.
I concentramenti si occupavano dello smistamento e inoltro della corrispondenza via mare o via aerea. In questo caso, evidentemente via mare.
Simpatico il modo con cui il ‘nostro’ sergente pilota appella i suoi compagni: “compagnia bella“, come per dire “e tutti gli altri che non ho nominato“.
Ma, come sempre, tutte queste informazioni servono giusto a contestualizzare ciò che è la vera chicca di questo documento postale, ovvero il testo scritto.
Che poi, in realtà, in questo caso di testo scritto ce n’è ben poco.
Come possiamo infatti vedere, a riempire quasi tutto lo spazio del retro della cartolina è una figura di donna in atteggiamento sensuale che non credo di aver la necessità di descrivere.
Osservando attentamente i tratti della sagoma della donna sembrerebbe non essere stata disegnata, ma addirittura stampata, forse con un timbro in gomma inchiostrato, o qualcosa del genere.
A lato una frase che non lascia dubbio alcuno sulle motivazioni del mittente: «Quanto è bona!»
Pensando all’ambiente in cui è stata scritta e a cui è indirizzata non stupisce più di tanto.
Ma è altrettanto vero che, senza fare troppo i bacchettoni, spesso la goliardia cameratesca presenta un limite davvero molto sottile con il gretto maschilismo.
Certo è che la censura cui è stata sottoposta la cartolina (lo vediamo sia dal bollo rettangolare su due righe che dal bollo tondo che identifica il censore, 9 B1) non ebbe nulla da ridire.
Quindi… O anche il censore era d’accordo.
O, forse, sotto la guerra si chiudeva un occhio.
E forse anche tutti e due.
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