GRANO DURO E BIANCHETTA NEI FEUDI DEI GUEVARA DI BOVINO

GRANO DURO E BIANCHETTA NEI FEUDI DEI GUEVARA DI BOVINO

 
Quando nel 2022 è scoppiata la guerra tra Russia e Ucraina tutto il mondo (almeno, il mondo che ignorava la questione) è venuto a sapere che l’Ucraina era/è anche chiamato “granaio d’Europa”.
 
Questo perché, in base a quanto riportato sul sito dell’Unione Europea, l’Ucraina, che possiede alcuni dei terreni più fertili del pianeta, è il primo esportatore mondiale di olio di girasole (50% delle esportazioni mondiali), il terzo di orzo (18%), il quarto di granturco (16%) e il quinto di frumento (12%). 
 
E’ vero che il 90% circa del prodotto esportato è indirizzato verso i paesi più poveri, ma è anche vero che l’iniziativa russa di bloccare i porti sul Mar Nero per impedire le esportazioni ucraina ha certamente danneggiato l’intero comparto mondiale, facendo innalzare i prezzi.
 
Se questa è la situazione a livello globale, non altrettanto si può però dire dell’Italia che, per sua fortuna, possiede un ‘suo’ granaio nazionale: la Puglia, e in particolare la Capitanata, quel distretto geografico che coincide, più o meno, con la provincia di Foggia. 
 
Anche se, ed è notizia di questi giorni dalla Coldiretti, il grano in Capitanata quest’anno è quasi dimezzato ma di grande qualità, la raccolta nella Puglia settentrionale da sola, riesce infatti a coprire il 20-25% del fabbisogno nazionale, rendendo così meno impattante la crisi globale del settore.
 
La storia del grano in Puglia e in particolare nella Capitanata è tuttavia storia vecchia.
E lo vediamo, appunto, con il documento protagonista dello sfizio di oggi.
 
Si tratta di una cartolina privata intestata all’Amministrazione Guevara Lecca Ducagini di Bovino, splendido borgo medievale in provincia di Foggia. La cartolina è stata spedita il 29.8.1904 mattina (come diligentemente appuntato dal mittente), e il destinatario è il Signor Cav. Giulio Lecca Ducagini, Villa Thalberg, Posillipo (NA).
 
La genealogia e la storia della famiglia Guevara in Italia è lunghissima. Per chi lo desidera, anche in rete si trovano ampi contributi utili a qualsiasi approfondimento.
Qui basti sapere che i Guevara sono una nobile famiglia di origine spagnola, basca nello specifico, giunta in Italia intorno al Duecento ma affermatasi dal XV secolo in poi.
 
Della famiglia originaria si svilupparono (ovviamente) diversi rami. Uno di questi porta a Bovino, e nello specifico al 1563 quando l’omonimo feudo venne acquistato appunto da Giovanni de Guevara (all’epoca sotto tutela perché troppo piccolo). Il titolo di Duca di Bovino gli venne concesso da Filippo II di Spagna il 10 febbraio 1575.
 
Dai tanti matrimoni succedutesi nel tempo il cognome originario della famiglia si unì ad altri, sino a giungere all’epoca della nostra cartolina come Guevara Lecca Ducagini.
Il castello ducale di Bovino rimase proprietà della famiglia sino al 1961, quando venne ceduto all’Arcidiocesi di Foggia-Bovino; attualmente esso è adibito a struttura ricettiva mentre una parte ospita il locale museo diocesano e la locale biblioteca.
 
D’altro lato, i Guevara amarono sempre abitare nella “capitale”, Napoli. Sulla Riviera di Chiaia è ubicato Palazzo Guevara, costruito nel XIX secolo, ma sempre a Napoli è anche collocata Villa Thalberg, residenza del destinatario della nostra cartolina, un ottocentesco palazzo ubicato a Posillipo originariamente appartenuto al pianista e compositore Sigismund Thalberg.
 
Ma torniamo alla nostra cartolina. Che scrive il mittente?
 
«Ill.mo Sig. Cavaliere, Le mando il risultato del seminativo di Cisternola:
Duro 1a qualità tumuli 1588.-
  2a qualità   188.-
  Terroso   34.-
  Rotto   16.-
    tumuli 1826.-
 
Bianchetta 1a qualità tumuli 1160.-
  2a qualità   106.-
    tumuli 1266.-
 
Riassunto
Bianchetta T. 1266.-
Duro T. 1826.-
Tumuli 3092.-
 
Oggi spedirò campioni. Oggi verrà Masolo e il Salvaterra. Domani le scriverò. Ossequi. Dev.
Calesto Taglia»
 
C’è anche un aggiornamento, a sinistra, evidentemente poco prima di spedire, alle ore 9 e 3/4:
«Ricevo ora una cartolina e come vede ieri finimmo e oggi informavo.»
Forse un sollecito da parte del cav. Giulio di notizie sulle sorti del suo grano.
 
Si tratta quindi di un resoconto del raccolto di 49 tonnellate circa di grano che il fattore fa al cavaliere proprietario terriero di un fondo a Cisternola, località in territorio di Deliceto, borgo nei dintorni di Bovino.
 
Il quantitativo di grano oggetto della comunicazione è calcolato considerando che l’unità di misura utilizzata, il tumulo, all’epoca corrispondeva a 15,86 Kg. Applicando la conversione a 3092 tumuli di grano, vien fuori appunto 49.000 Kg, 49 tonnellate.
 
Occorre osservare le diverse tipologie di grano riferite dal fattore.
Il grano duro era chiamato semplicemente “Duro”, e si differenziava la prima qualità, la seconda qualità, il terroso, e il rotto, con un livello di qualità decrescente.
 
Il grano tenero, invece, era chiamato “Bianchetta” e tuttora è chiamato così in quanto rappresenta, con i suoi chicchi dal tipico colore molto chiaro, una varietà tipica proprio della Puglia.
 
In base al Registro regionale delle risorse genetiche autoctone tenuto dall’Assessorato all’Agricoltura della Regione Puglia, «la Bianchetta è senza dubbio tra le varietà locali di grano tenero quella più diffusa in Puglia. La sua coltivazione risulta ampiamente documentata in testi di agronomia a partire dal 1784 (A. Ginori) e in monografie soprattutto negli anni ’20, ’30 redatte ad opera di agronomi e tecnici delle Stazioni Sperimentali di Agraria delle province di Bari e di Foggia.
 
Da quanto segnalato (De Cillis, 1927) è stata ed è spesso confusa con altri grani teneri con caratteristiche molto simili, infatti sinonimi sono la Maiorca francese, Francesella, Maiorca bianca, Carosella. 
 
La diffusione sul territorio è ancora associata alla preparazione del “grano dei morti” a base di grano cotto, condito con vino cotto, scaglie di cioccolato, noci, mandorle e chicchi di melograno, prearata in onore dei morti la sera tra Ognissanti e la Commemorazione dei defunti, in particolare a Orsara, Sant’Agata di Puglia e Lucera dove è nota come “ciccecuotte” e Bisceglie come “colva”.»
 
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