Certo è che in mezzo alla corrispondenza di trova di tutto.
Prova e controprova, se mai ce ne fosse bisogno, è la piccola busta protagonista del brevissimo sfizio di oggi (fa caldo, lo so, apposta sarò breve).
Si tratta di una busta piccolina, di quelle adatte a contenere un biglietto da visita per intenderci.
E’ spedita da Modena il 2 giugno 1934 (XII anno dell’Era fascista) ed è diretta in città.
La missiva non è affrancata, ma è tassata per 3 Lire.
All’epoca la tassazione era pari al doppio dell’importo mancante, per cui 3 Lire presumono che manchi un’affrancatura di 1.50 Lire.
E che cosa si poteva spedire con 1.50 Lire?
Probabilmente, la bustina era allegata a una busta più grande, si vedono distintamente i fori di una rilegatrice.
Ma al di là di questo, in quel momento con 1.50 Lire si poteva spedire una lettera entro il distretto (ovvero per città, come in questo caso) dal peso di 90 grammi (la tariffa era 0.25 Lire ogni 15 grammi).
Ma se gli interrogativi sono già diversi sino a questo momento, il mistero davvero si infittisce osservando cosa vi è scritto al recto e al verso della bustina.
Al recto troviamo scritto «Per favore lasciatela chiusa la vostra è a parte»; al verso invece «E’ peggio di un pacco postale! Proibito aprire», e una serie di sigilli di ceralacca.
Sulla ceralacca sono riportate le iniziali “G” e “M”, compenetrate, evidentemente nome e cognome (o viceversa) del mittente.
La bustina è aperta in alto e non vi è nulla all’interno.
Ma cosa abbia il mittente inviato per posta dentro questa bustina non è dato sapere.
E voi, lettori di Sfizi.Di.Posta, che ne pensate?
A parte pagare le 3 Lire, che avrà ricevuto Lavinia?
Mentre ci scervelliamo sotto l’ombrellone ipotizzando questo e quell’altro, non possiamo non ammirare le maiuscole dell’indirizzo vergate a mano: la “L” di Lavinia, la “G” di Galli e la “M” di Modena sono di una bellezza disarmante.
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