CARA BEFANA…

CARA BEFANA…

La Befana vien di notte
Con le scarpe tutte rotte
Con le toppe alla sottana
Viva, Viva La Befana!

Suona così una delle tante filastrocche dedicate alla Befana, quell’anziana signora che, secondo la tradizione, vola in cielo su una scopa ed entra in ogni casa la notte del 5 gennaio per riempire le calze appese dai bambini, di dolciumi per i bimbi buoni e di carbone per i bimbi monelli.

Le sue origini sono lontane nel tempo, probabilmente legate a riti propiziatori di antiche culture pagane e celtiche. Lo stesso suo aspetto appare come una personificazione pagana dell’inverno, con la gobba e il naso adunco, vestita di cenci e con scarpe rotte.

E così, oggi, 6 gennaio, i bambini che hanno appeso una calza in casa, che vi troveranno dentro?
Ma se oggi tutto è lasciato alla sorpresa del momento, un tempo invece si scriveva addirittura una letterina alla Befana, come si usava fare a Gesù Bambino e come si usa oggi fare a Babbo Natale.

E’ il 1954, e Ornella ha qualcosa da dire alla Befana. Ecco quindi che strappa un foglio dal suo quaderno scolastico, e scrive.

«Cara befana,
lo so che sono cattiva ma per un’altra volta accontentami.
Io desidederei un cestino da lavoro con il telaio, e un paio di calzettoni e una carrozzina che non costa tanto e sei fazzoletti e se vuoi un cappottino…
Ti faccio il mio ritratto.
Bacioni dalla tua Ornella Toppani e faccio la IIIa h classe.»

Il figlio su cui scrive Ornella è effettivamente quello che tipicamente si usa in terza elementare.
Le due righe verticali rosse, ad indicare dove iniziare e dove terminare o andare a capo, sono presenti nei quaderni dalla prima alla quinta elementare.

Se in prima e seconda elementare, però, il rigo orizzontale entro cui scrivere è abbastanza alto per facilitare l’apprendimento, in terza elementare il rigo si riduce d’altezza per poi sparire del tutto in quarta e quinta elementare dove tutte le righe sono equamente distanziate.

Ornella ha consapevolezza di non essere stata tanto buona da meritare dolci e dolcetti, ma chiede lo stesso. Non giocattoli, però, ma vestiario e un oggetto di lavoro. I fazzoletti, poi, devono essere sei: non sono quelli di carta, ma di stoffa, e verosimilmente sei così da usarli i sei giorni della settimana in cui va a scuola per poi lavarli tutti la domenica.

E casomai la Befana si sbagliasse a recapitare quanto richiesto, Ornella provvede a farle un ritratto di sé stessa.
Fantastico!
Certo è che grazie a questa foto segnaletica la Befana di sicuro non si sbaglia! Brava Ornella!

La lettera è poi infilata dentro una piccola busta, di quelle adatte ai bigliettini da visita, sulla quale qualcuno, forse la mamma, ha appuntato (la calligrafia è appunto diversa):
«Befana del 1954
Nelle vie del cielo
Alla cara befana
Roma»

La busta è quindi affrancata, non con un francobollo ma con un cosiddetto erinnofilo, ovvero un bollo chiudilettera del tutto simile a un francobollo ma non avente potere di affrancatura in quanto non emesso dallo Stato ma realizzato da privati.

L’erinnofilo rappresenta la facciata della Basilica di San Pietro a Roma, e la letterina è indirizzata alla Befana di Roma, come se vi fossero befane diverse per ogni città.
Ve lo immaginate?
E vi immaginate se, per uniformare il lavoro, in gran segreto tutte le befane d’Italia ogni anno si riuniscono in un grande meeting aziendale un paio di mesi prima del grande giorno, per mettersi d’accordo su cosa portare ai bambini?
Ehi, Epifanie, cosa vœlem purtà ai fiœui chest an?“, chiese la befana milanese.
Chest an o soi une vore fûr di ideis“, disse la befana di Udine.
Secunnu mia putemu purtari quintalati di cannoli e cassate“, rispose la befana di Palermo.
Secondo me non si saranno mai comprese e ognuna avrà portato una cosa diversa.

E a Ornella che avrà portato la befana di Roma, un maritozzo con la panna?

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