Quante cartoline saranno state spedite durante la Seconda guerra mondiale?
Nessuno sa rispondere con esattezza, ma se si risponde “milioni di cartoline” sicuramente non si sbaglia.
E la cartolina protagonista dello sfizio di oggi è una di quei milioni.
E’ il 5 gennaio 1943 e il tenente pilota Franco di stanza al Comando V Squadra Aerea scrive alla sua donna, Nelly.
Non sappiamo se Nelly è già sua moglie o meno, ma non importa.
La cartolina parte tre giorni dopo dall’ufficio Posta Militare N.3700 che afferisce all’XI Ufficio Postale di Concentramento, in quel momento localizzato a Tripoli ove rimarrà sino al 18 gennaio per poi trasferirsi a Zavia, Marsa Plage e Kelibia.
A servizio delle forze aeree, il Concentramento assunse funzione strategica di smistamento dei dispacci postali tra il Nordafrica e il Regno.
Il tenente Franco utilizza una delle cartoline in franchigia postale (cioè, inviabili senza apporre alcun francobollo) che venivano fornite ai militari.
Su tali cartoline a volte, come in questo caso (vedasi la citazione di Mussolini in alto a sinistra), erano presenti messaggi di propaganda, per incitare le truppe.
Questo il testo che Franco scrisse a Nelly:
«5 gennaio 43
Caro amore,
forse quanto prima ti farò una sorpresa!
Stringi i pollici! Ti penso sempre con infinito amore.
Bacioni Franco»
E’ innamorato, Franco.
Tanto.
Tantissimo.
Ma ad un certo punto del breve messaggio Franco scrive “Stringi i pollici”, e il senso è certamente quello di augurio.
Ma non si dovrebbe dire “Incrocia le dita” anziché “Stringi i pollici”?
In realtà, in paesi quali Austria, Germania, Paesi Bassi, Croazia, Slovenia, Polonia, Svizzera, Svezia, Estonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Sudafrica e Russia l’augurio più frequente è il tedesco “die Daumen drücken“, letteralmente stringere o premere i pollici.
Eppure, questo modo di dire trae origine in territorio italico, quando nell’Impero Romano ai tempi dei combattimenti dei gladiatori il pubblico stringeva i pollici dentro le mani per invocare all’Imperatore la grazia per lo sconfitto.
In altri paesi, come in Italia appunto, si tende invece a “incrociare le dita”, soprattutto nei paesi anglofoni (“fingers crossed“) e dell’area francese (“croiser les doigts pour porter chance à quelqu’un“).
Il gesto, comunque lo si faccia, quindi assunse connotazione positiva, di buon auspicio, segno di autocontrollo e del desiderio di avere il controllo del proprio destino.
Perché tale modo di dire sia più frequente in altri paesi e non in Italia, dove ebbe origine, è ad oggi un mistero etimologico, non è dato sapere.
Eppure, Franco ne era a conoscenza…
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