10 febbraio. Giorno del Ricordo. Oggi.
Istituito con la Legge n.92 del 30 marzo 2004, il Giorno del Ricordo viene celebrato ogni anno il 10 febbraio a partire dal 2005, e tramite esso si vuole «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».
La data del 10 febbraio non fu scelta a caso, ma ricorda il giorno della firma dei Trattati di pace di Parigi, il 10 febbraio 1947, attraverso i quali nel settore dell’Adriatico orientale venne istituito il T.L.T., Territorio Libero di Trieste, e vennero assegnate alla Jugoslavia l’Istria, il Quarnaro, Zara e la sua provincia, e gran parte della Venezia Giulia. Sino ad allora, e dalla fine della Seconda guerra mondiale, il territorio delle Venezia Giulia era stato posto sotto il controllo del governo militare alleato (A.M.G.-V.G., Allied Military Government – Venezia Giulia).
Il Territorio Libero di Trieste era suddiviso in una “zona A” e una “zona B”. La zona A (A.M.G.-F.T.T., Allied Military Government – Free Territory of Trieste), che comprendeva la città di Trieste, partiva da San Giovanni di Duino e terminava presso Muggia, e venne amministrata da un Governo Militare Alleato. La zona B (S.T.T.-V.U.J.A.) comprendeva invece l’area nord-occidentale dell’Istria al di sotto della zona A, da Capodistria a Cittanova, e venne amministrata dall’esercito jugoslavo.
Il Trattato di Pace di Parigi non entrò in vigore subito ma alcuni mesi dopo, e precisamente alla mezzanotte del 15 settembre 1947, in un clima teso dovuto a una serie di episodi violenti che ebbero luogo a Trieste tra il 13 e il 18 settembre: manifestazioni, conflitti, spari, lancio di bombe a mano, anche con morti e feriti.
Tra il 15 e il 16 settembre il comando militare jugoslavo tentò di penetrare a Trieste con i propri reparti in concomitanza dell’entrata in vigore del Trattato di pace, ma grazie all’immediata risposta americana il colpo di mano jugoslavo fallì.
Nella serata del 17 settembre, degli irredentisti spararono colpi di mitragliatrice contro l’entrata del circolo culturale sloveno di Scorcola, considerato covo di antifascisti, uccidendo una ragazzina di undici anni, Emilia Passerini, e ferendo una donna. La Voce del Popolo stigmatizzò le manifestazioni come opera di “bande neofasciste” tese a protestare contro la cessione di territori italiani.
Il giorno dopo un presidio comunista attaccò un corteo irredentista che stava sfilando per le vie del centro della città. Lo studente diciannovenne del Liceo Petrarca di Trieste, Albino Conestabo, coinvolto suo malgrado negli incidenti di strada, venne ucciso colpito alla nuca da una bomba a mano. La Voce del Popolo, nel darne notizia, presentò l’azione in toni trionfali, come una ripresa del controllo della situazione e delle possibilità di pacificazione da parte della popolazione, contro dei “fascisti” che “volevano turbare con il delitto ed i disordini l’entrata in vigore dei trattati di pace”.
Il clima era inevitabilmente tesissimo. E questo è il clima che si respira nella lettera protagonista dello sfizio di oggi.
Si tratta di una lettera inviata da Trieste il 3 ottobre 1947 e diretta a Roma dove giunse due giorni dopo.
La missiva è correttamente affrancata con un francobollo da 10 Lire, tariffa in quel momento in vigore. Si noti che il francobollo è sovrastampato A.M.G.-F.T.T. e fa parte della serie cosiddetta “Democratica” che, con questa sovrastampa, venne emessa due giorni prima, l’1° ottobre 1947.
Chi scrive è Roberto, si firma Roby. Dopo una serie di notizie di poco o scarso interesse, nell’ultima pagina della lettera troviamo quanto di nostro interesse.
«Carissimi tutti,
Eccoci vivi nuovamente! … Noi scriviamo poco, ma non è per questo che dimentichiamo. Scrivo io questa lettera perché la mamma e il papà lavorano ed è anche per questo che i nostri scritti lasciano a desiderare. Siamo contenti di aver ricevuto la bella istantanea e sempre un vero piacere per noi, così almeno possiamo rivederci spiritualmente se non possiamo vederci realmente. Con sentito dispiacere abbiamo appreso dalla vostra che la Sig. Ines stava male, ma speriamo che ora sia la bella e brava signora di prima.
Nella vostra lettera insistette di fare una scappatina o di farvi una sorpresa venendo a Roma, a noi rincresce ma… le (finanze) stringono e poi la mamma ed il papà sono tanto occupati… speriamo l’anno prossimo, perché abbiamo tutti un vivo desiderio. Sentimmo che la signorina ed il giovanotto erano in Colonia, anch’io sono andato per tre settimane in Colonia e vi dico la verità mi sono divertito un mondo. Ero a “Forni Avoltri” in Carnia circa a 1000 m di altezza ma poi abbiamo dato la scalata ad alcuni monti (8 precisamente) e ci siamo elevati a circa tre mila metri di altezza passando anche alcune notti in qualche Rifugio Montano. Ho colto anche parecchie stelle alpine, ma qui appena giunto tutti me ne hanno chieste e sono rimasto con poche ad ogni modo voglio mandarne una anche a voi.
Sono andato poi anche a Bologna per un congresso dell’A.C.
Riprendo al 16° c.m. la scuola e spero che tutto mi vada per il meglio. Ci domandate di raccontarvi qualcosa della nostra Trieste. Ormai tutto è calmo solamente qualche giorno di pugni, calci, colpi, morti, feriti …… tutto, per qualche matto di lassù!!! …… (meglio non parlarne di quella genia).
Sperando in bella e sollecita risposta da voi, vi salutiamo. Basi da me e specialmente salutoni ai figli vostri, un bacione a chi mi chiama Roberto il grande.
Vicenzi Roby»
Come detto, trascurando le informative private, quel che più ci interessa è il commento su Trieste.
Siamo al 3 ottobre, gli scontri sono avvenuti quindici giorni prima, e quindi giustamente è adesso tutto calmo. Ma Roby non manca di sottolineare la natura degli scontri e le conseguenze con morti e feriti.
Infine, la critica più aspra: «tutto, per qualche matto di lassù!!!».
“Lassù” nel senso che il riferimento è religioso? Sembra altamente improbabile.
E’ molto più probabile che il riferimento sia politico, sebbene (chiaramente) Roby non si sbilanci troppo nel formulare nomi e cognomi apertamente.
Senza entrare nello specifico, occorre ricordare che in Adriatico orientale, e specificatamente a Trieste, in quel periodo preminenti erano due sentimenti contrastanti, quello maggioritario rigorosamente nazionalista e filo-italiano e quello più affine al vicino Tito e alla politica italiana del secondo dopoguerra ovvero più morbido nei confronti dei comunisti considerati come alleati.
Che Roby si riferisse a Tito nel suo epiteto?
O a qualche capoccia della politica nazionale dell’epoca, tipo Togliatti o De Gasperi?
Non lo sappiamo, ma come sempre chi subisce le conseguenze delle decisioni dei pochi al potere è il popolo, e Roby pare esserne ampiamente consapevole.
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