Ieri, lunedì, per la prima volta dopo sei anni, Sfizi.Di.Posta non ha pubblicato nulla.
Come mai? Stanchezza? Dimenticanza?
No, nulla di tutto ciò.
L’unica causa di tutto ciò è stata: Ryanair, che ha cancellato il mio volo di ritorno da Genova e non mi ha consentito di rientrare a casa in tempo per allestire lo sfizio che pubblico oggi.
I lettori mi scuseranno.
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«– Cosa stai leggendo?
– Un libro sulla crittografia.
– Cioè messaggi segreti?
– Non segreti. È questo il bello. Messaggi che tu puoi vedere, ma che non potrai mai capire, se non hai la chiave.
– E… non è come parlare?
– Parlare?
– Le persone non dicono mai quello che vogliono dire. Dicono sempre altro. Eppure si aspettano che tu li capisca. Ma io non li capisco.
– Alan, ho il presentimento che sarai bravissimo in questo.»
Ve lo ricordate Alan Turing?
E’ questo uno dei tanti dialoghi tra Turing e Christopher Morcom nel film “The Imitation Game”, una pellicola che ricostruisce le fasi della decrittazione della macchina Enigma, una macchinario inventato dai tedeschi per codificare le proprie comunicazioni durante la Seconda guerra mondiale. 159 erano i milioni di milioni di combinazioni che era in grado di produrre Enigma: per controllarle tutte occorrevano venti milioni di anni. E dato che il cervello umano non avrebbe mai potuto svolgere in venti minuti il lavoro di venti milioni di anni, Turing costruì una macchina apposita. Così venne decifrato Enigma.
E’ sempre stato un argomento affascinante, sia la storia di Turing ma in generale quello della crittografia. Non ho potuto quindi fare a meno di bloccarmi quando, qualche mese fa, dentro uno scatolone di documenti postali di pochi centesimi di valore ho rinvenuto questa cartolina.
Si tratta, infatti, di una banalissima cartolina (tre donne intente alla semina, sul lato illustrato) affrancata con un comunissimo (per l’epoca) francobollo da 5 centesimi. La cartolina parte da Torino il 22 ottobre 1916 ed è diretta al signor Luciano, aspirante ufficiale presso la 9a Compagnia di stanza a Caserta.
Quel che lascia interdetti è il testo:
«I mandarini maturano? Li solleciti, mi raccomando!»
Che cosa avrà voluto dire il mittente (la cui firma non riesco a decifrare con certezza)?
Che saranno i mandarini? Il frutto o si intende qualcos’altro?
Anche perché mica si va sotto un albero di mandarini per constatare che non sono ancora maturi e quindi sollecitarli!?!
Come si dovrebbero sollecitare, con un urlo? Una carezza sul tronco? Un balletto propiziatorio?
E’ chiaro che si tratta di un messaggio in codice, uno di quelli che Morcom definì «messaggi che tu puoi vedere, ma che non potrai mai capire, se non hai la chiave».
Ma che potrà significare?
Potrebbe essere un termine simpatico per indicare i figli dell’aspirante ufficiale?
Ma se fosse, perché dovrebbe sollecitarli?
Potrebbe indicare i commilitoni dell’aspirante ufficiale?
In tutta onestà, non mi è venuto in mente altro.
E a voi, cari lettori?
Che possono essere i mandarini?
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