OLEVANO ROMANO E IL SUO CESANESE

OLEVANO ROMANO E IL SUO CESANESE

Nell’immediato secondo dopoguerra nel nostro Paese mancava tutto. L’Italia faticò a ripartire, ma anno dopo anno la guerra divenne sempre più un ricordo del passato.
E con l’avvio del boom economico che poi esploderà negli anni ’60, anche lo spirito e la voglia di scherzare andò progressivamente aumentando.

Ne è testimone la cartolina protagonista dello sfizio odierno spedita il 7 novembre 1956 da Olevano Romano (Roma) e diretta a Supino (Frosinone).
Sia nel testo del mittente che nella didascalia della cartolina la cittadina romana è indicata con il solo “Olevano”, ma risale al 1° novembre 1874 il Regio Decreto n.1094 con cui venne sancito il cambio di denominazione da “Olevano” a “Olevano Romano”.

Ecco il testo:
«Paole’, prima che “olevano” ho voluto prendere un fiasco di quello buono… Umorismo a parte, abbiamo accompagnato la salma di D. Micocci. Mi è stata chiesta la macchina e non ho potuto rifiutarmi. Un caro pensiero. Bacioni cari, Pio.»

Il simpaticone Pio scherza con il toponimo del borgo romano: “olevano” – “lo levano” – “lo tolgono”. In effetti, riferendosi al vino e dato che siamo già nella prima metà di novembre e la vendemmia è finita da un pezzo, il rischio di non trovare più vino è effettivamente alto. Il suo “prima che olevano” intenderebbe quindi più precisamente “prima che finisce”.

Olevano Romano è un bellissimo borgo di circa seimila abitanti (più o meno lo stesso numero degli anni della ‘nostra’ cartolina) arroccato su Monte Celeste, noto per la sua storia millenaria (le mura poligonali, tipiche di questa parte del Lazio, risalgono ad epoca preromana) e appunto per il suo vino rosso, il Cesanese di Olevano Romano DOC.

La zona geografica della denominazione Cesanese di Olevano Romano DOC comprende un territorio di circa 3.685 ettari tra Olevano Romano e Genazzano di media e alta collina, compreso tra 211 e 571 m s.l.m., che si estende dalle pendici dei Monti Simbruini all’alta valle del Fiume Sacco.

I vitigni che rientrano nella composizione ampelografica delle tipologie di vino della DOC Cesanese di Olevano Romano sono il Cesanese comune a bacca nera e il Cesanese di Affile, sempre a bacca nera, entrambi presenti (secondo disciplinare) per non meno dell’85%.

La DOC del Cesanese di Olevano Romano venne creata nel 1973 con Decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 1973 (Gazzetta Ufficiale n.221 del 28.8.1973), poi modificato con Decreto Ministeriale del 7 marzo 2014, e comprendeva (oltre le attuali sei varianti) anche le tipologie “frizzante” e “Spumante”, oggi non più DOC.

Infatti, secondo l’ultimo e vigente disciplinare (Decreto Ministeriale del 30 novembre 2011 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 295 del 20.12.2011) questa denominazione è riferibile a sei tipologie di Cesanese di Olevano Romano: “base”, “amabile”, “dolce”, “dolce frizzante”, “Superiore” e “Riserva”.

Per tutte le tipologie il titolo alcolemico minimo è del 12%, l’acidità normale, il colore rosso rubino tendente al granato con l’invecchiamento, l’odore delicato caratteristico del vitigno di base, e il sapore morbido leggermente amarognolo.

Si abbina perfettamente ai piatti della tradizione laziale, come l’abbacchio allo scottadito, le fettuccine al ragù di cinghiale, la porchetta, è più in generale a tutte le carni rosse grigliate, i formaggi stagionati e i piatti a base di selvaggina.

Attraverso il progetto “Alle Radici del Cesanese” realizzato da Comune di Olevano Romano, Gal Terre di Pregio, Arsial, Crea Viticoltura di Conegliano, è stata eseguita un’analisi di DNA su viti di vigne storiche (di 70-100 anni) che ha dato dei risultati davvero inattesi: i Cesanesi coltivati nei territori delle DOC sono riconducibili a un unico tipo, al Cesanese d’Affile, e questo vitigno non ha alcuna parentela con i vitigni italici.

Sull’origine del Cesanese sono state infatti formulate varie ipotesi, dagli Etruschi ai Greci e infine ai Romani, ma l’ipotesi più accreditata è quella orientale, della Cappadocia: molto probabilmente è stato introdotto nel nostro paese dai monaci Basiliani attorno agli anni 1100-1200.
A tal proposito si legga “L’enigma Cesanese” di Pietro Ricciardi (Iacobelli Editore, 2023), già recensito dal mensile QuBì con cui Sfizi.Di.Posta collabora.

Certo invece è che il vino di Olevano era molto conosciuto in età medioevale quando la cittadina si chiamava Castro Olibana.
Da allora il Cesanese di Olevano Romano è diventato un prodotto identitario di quel popolo, di quella terra, di quella cultura, finanche di quella economia.

Pio non ne avrebbe bisogno, Pio ha già acquistato il suo «fiasco di quello buono», ma se qualcuno fosse interessato al turismo enogastronomico dalle parti di Olevano Romano posso suggerire di visitare il sito della Strada del vino Terra del Cesanese all’indirizzo www.terradelcesaneseolevanoromano.it 
Prosit!

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