Sono un geologo, per cui è normale e quasi automatico interessarmi di oggetti postali legati alla geologia.
Se mi trovo in un mercatino dell’antiquariato e tra le cartoline ne vedo una inviata da un istituto di geologia la acquisto senza nemmeno analizzarla.
E’ quanto deve essermi accaduto con questa cartolina inviata il 28 ottobre 1917 dall’Istituto di Geologia della Regia Università di Padova.
La cartolina è a firma “R. Fabiani”, ovvero Ramiro Fabiani (1879-1954), vicentino di Barbarano, geologo e docente di paleontologia all’Università di Padova (appunto).
Nel 1925 Fabiani si trasferì in Sicilia dove insegnò geologia e paleontologia a Palermo ma, soprattutto, svolse incarichi di ricerche petrolifere prima per conto dello Stato e poi dell’Agip.
Fabiani era fortemente convinto che la Sicilia fosse un ricco giacimento di petrolio e di gas naturali, e lo scrisse senza riserve in vari articoli e nel suo “Ciò che da il sottosuolo di Sicilia”, dato alle stampe nel 1938.
Proprio quell’anno l’Agip decise di mettere alla prova le ipotesi di Fabiani, e realizzò tre sondaggi a Nicastro, Pachino e in Val Riena. Tutti infruttuosi, non a causa di errori di Fabiani, ma per l’inadeguatezza delle attrezzature dell’epoca.
Occorre attendere il 1953 quando una perforazione a 2000 metri di profondità trova un giacimento di 20 milioni di tonnellate di petrolio a Ragusa.
Fabiani non ebbe il tempo di gioirne, morirà da lì a poco, ma da quel momento la corsa all’oro nero è ormai avviata in terra sicula.
La cartolina di Fabiani è indirizzata al Prof. Raffaele Gestro, Direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Genova.
Luigi Ignazio Benedetto Raffaele Gestro, conosciuto semplicemente come Raffaello Gestro (1845-1936), naturalista ed entomologo, era specializzato nello studio dei coleotteri, soprattutto quelli della fauna africana e austro-malese, descrivendone ben 936 nuove specie.
Il Museo di Storia Naturale di Genova, dopo la sua inaugurazione nel 1912, perse il suo direttore Giacomo Doria (cui poi venne intitolato). Direttore ne divenne proprio il prof. Gestro, incarico che mantenne sino al 1934.
Quindi, insomma, due personaggi certamente non del tutto sconosciuti.
Ma il ‘colpo grosso’, se così si può dire, è all’interno del testo.
Ecco la trascrizione:
«Ch.mo Professore, avendo dovuto assentarmi da Padova per la morte di una zia, non potei rispondere prima alla Sua gentile cartolina. E’ già arrivato anche il volume, che con tanta cortesia Ella volle prestarmi, e La ringrazio vivamente.
Il prof. Dal Piaz ricambia ai Suoi saluti e m’incarica di chiederle se ha fatto raccolta di feti di Delfinidi. Quando poi Ella avrà la opportunità di spedirgli qualcuno dei crani gentilmente offerti, gli farà cosa graditissima, perché adesso comincia a riprendere l’argomento sospeso lo scorso anno e di cui ha già pubblicato alcune parti, ch’Ella già conosce. Del D. Caneva so che sta bene, trovasi a Venezia, ma non so l’indirizzo preciso. RinnovandoLe ancora molte grazie, La prego di gradire i miei migliori saluti.
Dev.mo aff.mo R. Fabiani.»
E chi è il prof. Dal Piaz citato nel testo?
E’ proprio quel Dal Piaz che ebbe un ruolo non del tutto marginale nel disastro del Vajont.
Giorgio Dal Piaz (1872-1962) fu uno dei capostipiti della geologia in Italia.
Docente di geologia all’Università di Padova dal 1908, si occupò di stratigrafia, paleontologia, tettonica, rilevamento geologico, idrogeologia, geomorfologia, firmando una miriade di studi e di pubblicazioni.
Nel 1940 e nel 1948 fu l’estensore di due relazioni geologiche che indicavano idonea l’area di installazione della costruenda diga del Vajont.
Successivamente, quando gli venne chiesto un parere sui fenomeni franosi sul Monte Toc, non ravvisò pericoli imminenti, approvando inoltre l’innalzamento a 260 metri dello sbarramento della diga (relazione che, pare, venne firmata da Dal Piaz ma che era stata invece elaborata dal responsabile dell’opera, Carlo Semenza).
I successivi incaricati geologi della SADE, tuttavia, non rettificarono le risultanze geologiche e non ravvisarono potenziali fenomeni franosi.
Sappiamo tutti cosa invece accadde quella fatidica notte del 9 ottobre 1963.
Dal Piaz fu assolto dalle indagini che seguirono il disastro del Vajont, e non è certo questa la sede per approfondire quei fatti.
Ma la SADE gli fu in qualche altro modo fatale ugualmente perché proprio su un’autovettura della SADE Dal Piaz fu vittima di un gravissimo incidente stradale che lo portò alla morte nel 1962.
Tre importanti geologi in un’unica cartolina.
Ecco cosa a volte nasconde una corrispondenza apparentemente banale, ma in realtà testimone di un’intera epoca di scoperte pioneristiche dell’attuale geologia.
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