Il 16 dicembre 1857, alle 22:15 ora locale, un terremoto di magnitudo 7.1 colpì la Basilicata con epicentro a Montemurro, in provincia di Potenza.
A causa dei danni causati, l’intensità venne stimata dell’XI grado della scala Mercalli. Circa 11.000 furono le vittime.
Ovviamente, danni e vittime vanno inquadrati in proporzione al contesto del momento. Oggi, nella stessa Montemurro, un sisma di magnitudo 7.1 non produrrebbe quella devastazione. All’epoca le abitazioni erano costruite senza alcun criterio antisismico, nemmeno si sapeva cosa fosse il “criterio antisismico”.
E quindi i tetti venivano giù, le mura crollavano addosso, sotto le macerie si rimaneva facilmente già cadaveri.
Di quel sisma non sono disponibili molti reperti originali dell’epoca; anche a livello postale non mi risultano testimonianze legate a quel terremoto.
E’ pertanto molto interessante la corrispondenza che vediamo oggi.
Si tratta di un piego (un foglio piegato su sé stesso due volte, e poi ancora due volte) spedito il 13.6.1858 da Palermo a Castelfranco, dove arrivò il 16.6.1858 (ce lo dice il bollo a datario al retro).
Oggi ci riferiremmo a Castelfranco in Miscano, in provincia di Benevento, ma all’epoca il paese di Castelfranco, e precisamente dal 1811 al 1861, faceva parte del Regno delle Due Sicilie, Provincia di Capitanata, Distretto di Bovino.
La missiva viene chiamata in gergo ‘prefilatelica’ perché viaggia in un’epoca antecedente l’esistenza della filatelia, quando i francobolli non erano ancora stati mai emessi (ricordo che nel Regno delle Due Sicilie i primi francobolli apparvero l’1 gennaio 1859).
Non esistendo ancora i francobolli, quindi, la tassa per la spedizione postale non la pagava il mittente, bensì il destinatario, all’arrivo.
La missiva è infatti tassata 10 grana, manoscritto in grande sul frontespizio, tariffa appunto in vigore in quel momento per le lettere di due fogli circolanti all’interno dei Regi domini e per distanze superiori alle 151 miglia.
Fin qua, interessante, certo, ma niente di particolarmente speciale.
La sorpresa, infatti, come spesso accade, sta all’interno.
Trascrivo il testo scritto dal mittente (Romeo?).
«Signor fratello carissimo,
Sono in attesa di corrispondenza con voi perché fra le altre distrazioni vi è stata quella di aver passato il Santissimo Natale, le feste e il Capodanno in campagna, distante 24 miglia da Palermo. Vi ringrazio degli auguri, e ve li restituisco centuplicati, e cordiali, come vogliono farsi fra di noi, ed insieme ad Orazio.
I disastri del terremoto sono stati immensi nella provincia di Basilicata. Qui non si è fatto sentire, comunque riferiscono gli esteri che la scossa si è fatta sentire sino in Isvezia, percorrendo quasi tutta l’Europa.
Da Biccari mi scrivono che tutti se la passano bene grazie a Dio.
Del mio ritorno nulla posso dirvi; ma parte che non debba rimanere al di là di un altro paio di mesi.
Mi piacerebbe moltissimo avere qui i latticini freschi; ma come farli arrivare? Epperò conservateli perché al mio ritorno piacendo a Dio vedremo come ricambiarci.
Non siate avaro nello scrivere, e nel darmi vostre buone nuove. I saluti a tutti.
Palermo, 13 Giugno 1858.»
La scossa si è fatta sentire sino in Svezia?
Ovviamente questa frase va interpretata. Chiaramente la scossa non si è sentita sino in Svezia: sappiamo benissimo che c’è comunque un limite spaziale entro cui gli effetti macrosismici, legati all’osservazione diretta, tendono a scemare sino a diventare impercettibili.
E certamente questi effetti non possono aver percorso i 3000 km che dividono Montemurro dalla Svezia.
Più verosimile è il fatto che un sismografo di un osservatorio svedese, come tanti altri ce n’erano sono in giro per il mondo già a metà dell’Ottocento, abbia registrato le cosiddette “onde lunghe” di un terremoto, e che quindi ne abbia dato notizia.
Fa però sorridere un altro passaggio dello scritto, ovvero quando il mittente si raccomanda di conservare i latticini freschi di cui evidentemente è ghiotto.
Vero è che in questa zona d’Italia i latticini e i formaggi sono effettivamente superlativi: mozzarelle, scamorze, caciocavallo, manteca, canestrato, e così via!
E’ però una contraddizione in termini parlare di latticini freschi e di chiedere di conservarli. Del resto, la bontà di molti di essi, proprio perché freschi, si assapora in tempi rapidi, di certo non possono essere conservati.
Ma probabilmente lo scopo ultimo del mittente non è certo quello di farsi conservare i latticini, ma di farseli spedire: «Come farli arrivare?», chiede tra le righe il mittente…
Beh, mica fessacchiotto il nostro Romeo…
Riproduzione riservata.