Chi studia la storia postale della prima metà del Novecento si è sicuramente imbattuto nei biglietti postali del Regno da 50 centesimi.
Si acquistavano, si scrivevano, si inumidiva il lembo dei tre lati aperti, si chiudeva e si spediva. Chi riceveva, strappava i tre bordi perforati, apriva il biglietto e leggeva. Semplicemente.
L’affrancatura da 50 centesimi consentiva l’inoltro del biglietto secondo le vie ordinarie.
Chi voleva accelerare la consegna, per l’urgenza di voler vedere la propria missiva recapitata quanto prima, doveva aggiungere un francobollo per coprire la tariffa della spedizione per “Espresso”.
In particolare, dall’1.9.1926 al 30.9.1944 questa soprattassa era di 1.25 Lire.
Ed è appunto quanto avvenne con il biglietto postale che vediamo oggi.
Spedito da Roma il 5 novembre 1936 alle ore 12, come si legge dal datario del bollo in partenza, viaggiò sul treno ambulante Roma-Firenze-Bologna e quindi sul Bologna-Venezia, per arrivare a Rovigo lo stesso giorno alle ore 24 (come è possibile ricostruire dai bolli al verso).
La mattina presto del 6 novembre venne quindi presumibilmente consegnato.
Ma cosa c’era di così tanto urgente da comunicare al Direttore della Scuola Primaria di Rovigo e da giustificare la spedizione per “Espresso”?
Presto detto: è sufficiente leggere il testo interno per comprenderlo, testo che trascrivo di seguito sebbene sia facilmente leggibile.
«Egregio Sig. Direttore, domani, venerdì, il Duce verrà ad inaugurare la sede dell’Ass.ne Famiglie Caduti e distribuirà tessere Caduti A. O.
Non è possibile mancare perciò arriveremo nella notte per riprendere servizio sabato.
Distintamente La riverisco.
Emma Zinotti Merani
Davi Teresa
Roma 5-11-1936-XV»
Quindi: il 5 novembre era giovedì, venerdì 6 novembre sarebbe avvenuta l’inaugurazione, la sera stessa di venerdì si sarebbero messe in treno per arrivare in nottata a Rovigo, e quindi prendere servizio sabato 7 novembre.
Quadra.
E, del resto, il Direttore avrebbe potuto avere qualcosa da ridire contro due donne modello, due perfette Italiane, che ansimavano per vedere il proprio Duce e per ricevere una tessera dei Caduti dell’Africa Orientale?
Giusto?
Ma cos’era l’Associazione Famiglie Caduti la cui sede venne inaugurata a Roma quel 6 novembre 1936?
Una prima forma di tutela e assistenza ai figli dei caduti in guerra venne introdotta con la Legge 18 luglio 1917, n. 1143, con la nascita dell’Associazione nazionale famiglie caduti in guerra che venne eretta ‘Ente morale’ con il Regio Decreto 7 febbraio 1924, n. 230, e ‘Opera nazionale’ con la Legge 26 luglio 1929, n. 1397.
L’associazione cambiò più volte denominazione, e durante il ventennio fascista, divenuta “Associazione nazionale fascista mutilati ed invalidi della guerra” e sempre più vicina al Partito nazionale fascista, accentuò il suo carattere militare e nazionalista a scapito di quello assistenziale, tanto da confluire (con la Legge 7 agosto 1941, n. 942) nella Gioventù italiana del littorio (GIL).
Al termine della guerra l’associazione ripristinò il suo carattere assistenziale, ispirata a un’azione pacificatrice e commemorativa.
Quindi, quel 6 novembre, era possibile mancare?
Ovviamente no.
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