L’AGENZIA STEFANI, LA VOCE DEL DUCE

L’AGENZIA STEFANI, LA VOCE DEL DUCE

Per chi, come me, bazzica le vecchie carte e i documenti storici, nuovo non sarà parlare dell’Agenzia Stefani.

La “Telegrafia privata – Agenzia Stefani” venne fondata il 26 gennaio 1853 a Torino da Guglielmo Stefani, giornalista veneziano già noto nel settore per aver fondato a Padova la rivista mensile “L’Euganeo” (1845-47) e il settimanale “Il Caffè Pedrocchi” (1846-47), e per aver diretto la “Gazzetta ufficiale del Regno di Sardegna”.

Stefani diresse l’agenzia sino alla sua morte, nel 1861, quando gli succedette Raimondo Brenna il quale definì accordi commerciali (per le notizie dall’estero) con le agenzie Reuter e Havas.

L’opera informativa dell’agenzia acquisì sempre più valore e importanza, tanto che durante il primo conflitto mondiale le venne concessa l’esclusiva per la diffusione dei dispacci dello Stato maggiore dell’Esercito.

Era ormai la voce ufficiale dello Stato: nel 1920 fu stipulato un accordo con il governo che le affidava il compito di distribuire le informazioni ufficiali alla stampa, ai prefetti e agli uffici governativi.

Tutto ciò non sfuggì, ovviamente, nemmeno a Mussolini il quale, dopo che il fascismo ascese al potere, l’8 aprile 1924 collocò un proprio e fidato uomo, Manlio Morganti, alla direzione dell’agenzia.

Da quel momento, l’Agenzia Stefani non fu altro che la voce del Duce.
Come riportato da Romano Canosa nel suo “La voce del Duce. L’agenzia Stefani: l’arma segreta di Mussolini” (Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2002), a Mussolini è attribuita la frase:
«La mia prima lettura del mattino sono le cartelle della Stefani. Inoltre io vedo sovente Morgagni e volentieri.»

Il 25 luglio 1943, ricevuta la notizia dell’arresto di Mussolini, Morgagni si tolse la vita. Fu lo stesso Mussolini a dettare l’epigrafe sulla lapide del fedele gregario:
«Qui / nel sonno senza risveglio / riposa / Manlio Morgagni / giornalista / presidente della Stefani / per lunghi anni / Uomo di sicura integra fede / ne diede – morendo – testimonianza / nel torbido XXV luglio MCMXLIII»

Dopo l’8 settembre 1943 la Stefani passò al servizio della Repubblica di Salò, e quindi disciolta al termine della guerra, il 29 aprile 1945, quando la neonata ANSA ne inglobò la struttura tecnica e organizzativa.

Ma com’erano fatte le “cartelle della Stefani” che Mussolini leggeva tutti i giorni?
Lo vediamo con il documento che mostriamo oggi.

Si tratta di un piego spedito per posta da Roma a città, il 13 febbraio 1942, e indirizzato alla Confederazione Fascista Industriale.
Chi spedisce è la Procura del Re Imperatore (così si chiamava l’ufficio durante il Regno d’Italia).

Il piego venne inviato senza francobolli, e all’arrivo venne tassato per 25 centesimi, una tassa a carico del destinatario (visto che il mittente certamente godeva di esenzione postale) per le missive ordinarie all’interno del distretto.

All’interno, appunto una “cartella della Stefani”, con le notizie del 31 dicembre 1941 che evito di trascrivere dal momento che il documento è leggibilissimo e comprensibilissimo è il tono propagandistico delle stesse:
«L’Italia Fascista combatte accanto alla Germania Nazional-socialista … matematicamente certa dell’immancabile vittoria.»
Certo, come no…

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