Sembra incredibile come l’uomo non abbia imparato nulla dagli errori del passato.
Eppure è così.
Siamo nel 2022, al termine (si spera!) di una pandemia mondiale, eppure c’è ancora chi gioca a fare la guerra nella spasmodica bramosia di dimostrare di avercelo più grosso!
Tutto ciò è inaccettabile.
Siamo tutti figli di una stessa madre e di uno stesso padre, e oggi che è la festa del papà occorrerebbe ricordarlo a certi signori con la esse minuscola.
Sfizi.Di.Posta lo fa a modo suo, e anche se Putin o Zelensky non leggeranno mai queste righe, piace pensare che la rabbia che c’è dietro questo ‘sfizio’ in qualche modo arrivi loro, e la smettano di giocare con la vita della gente come se fossero miniature di Dungeons & Dragons.
E’ il 18 marzo 1933, praticamente 89 anni fa.
Il 19 marzo, giorno di San Giuseppe, padre putativo di Gesù, sin dal Medioevo si celebra in diversi paesi cattolici la festa del papà.
E nella lettera che sto per mostrarvi un figlio scrive al padre.
«Salerno, 18-III-1933-XI
Mio carissimo Papà,
non è questa la prima volta in cui mi son trovato lontano da te nelle più belle ricorrenze, e sempre ho dovuto cozzare contro il mio modesto vocabolario per esprimere i miei sentimenti che si potrebbero condensare invece in una parola vicina, fatta di passione e sigillata da un abbraccio tenero. Ma la musa del mio cuore non è punto esaurita, anzi si migliora e si sublima col tempo, e ti dice col suo linguaggio povero, ma eloquente, che sei amato e benedetto, pensato e desiderato.
Nei miei 26 anni di vita ho visto il mio Papà sempre buono, occupato e preoccupato solo per il bene e la salute dei figli, sacrificato per migliorare e per migliorarci in una incessante dedizione alle regole più belle di amore, di educazione, di onestà, trasfuse nelle anime nostre con segni precisi e rigorosi. Ed ho visto sempre in te, nella mia mamma, gli Dei terreni fatti di amore e di sacrificio e perciò intimamente, profondamente radicati nel mio cuore che vi ama con venerazione, con idolatria, nello sforzo quotidiano personale a rendermi degno del sangue che mi da la vita, dell’amore che mi protegge, del sacrificio che mi ha educato.
La mia vita è legata ai miei genitori, alla mia famiglia, dai quali prendo forza e attaccamento al giorno; per te, per voi, spero, prego e spero; e a quel mo’ ch’io facevo quando ero ancora bambino, oggi ti ripeto quelle ingenue promesse di una volta ora nutrite da una esperienza e da una più precisa coscienza. Tutte le mie azioni saranno guidate dai tuoi voleri, ogni mia cosa porterà a te il carattere dei tuoi diritti, delle tue aspirazioni, ti farò contento fin dove arriva il mio potere e il mio volere, saprò rendermi degno della tua vita traviata di dolori, di sforzi e di travagli d’ogni genere, spesa all’unico fine di migliorar noi stessi e sotto la guida valida del tuo nobil cuore cercherò pure di continuare il cammino evolutivo di cui tu sei stato l’iniziatore nella nostra famiglia, credendo così di rendere il migliore omaggio al bene che mi vuoi, ai tuoi principi sani di padre esemplare e benedetto, di dimostrarti con azioni così com’è fatto il mio affetto che solo può rimunerarti.
E quante cose vorrei dirti! Nella mia dedizione quotidiana, nei momenti così belli, a te, a mammà, il mio cuore si gonfia di lacrime di affetto, desidera esser fra di voi e innalza a Dio una preghiera perché benedica e protegga i miei genitori, i tesori più belli della vita umana, sì come vuole e benedice un figlio che fortemente crede e prega.
Vivi sano e contento, mio Papà; hai sette figli che ti adorano, che ti vogliono felice, e che il sorriso tuo, la tua salute, il tuo contento sia guida e mira comune nella nostra vita che è un cantico d’amore.
Ho appreso con nero dolore il sinistro toccato al caro Direttore Ciarla cui sono legato da riconoscenza e ammirazione per quanto bene mi voleva e mi ha fatto. Iddio voglia conservarlo ancora e che il suo male venga sanato senza conseguenze. Ho un continuo pensiero, te lo giuro, e aspetto sempre notizie sul suo conto, notizie buone come quelle che mi dai colla tua postale. Ho telegrafato subito alla Signora e se ti capita in qualche modo di andare a Termoli o di scrivere parla di me. Mi farai un regalo se mi tieni al corrente delle cose.
Ieri abbiamo fatto una marcia di Battaglione a Baronissi per un percorso di 22 km. Il sole e la polvere ci hanno dato molto fastidio, insieme alla celerità del passo che ormai ci rende dei podisti. In compenso abbiamo imparato tante cose per la pratica di molti strumenti di guerra che non conoscevamo. Sto benissimo, ho mangiato tanto ieri sera e penso allegramente al breve tempo rimasto per la… liberazione. E nient’altro ho da dire. Ancora auguri, auguri sine fine, benedicimi, baci e abbracci da Ugo tuo.»
Non credo che serva aggiungere altro.
Sì, forse questa lettera a qualcuno potrebbe sembrare troppo melensa, o a tratti forzata, quasi come se Ugo volesse ostentare l’amore e il rispetto per il genitore.
Ma anche fosse, meglio Ugo che Vladimir o Volodymyr.
Tanti auguri a tutti i papà del mondo, quelli che amano i propri figli.
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