La guerra comporta perdite di vite umane, dolore, sofferenza. E distruzione. A volte deliberata (Palmira, Hatra, Mosul, Nimrud docet), a volte diretta conseguenza dei bombardamenti o della guerriglia.
Lo vediamo ancora oggi (incredibile, vero?) tra le strade di Kiev, di Mariupol, di Kherson, e di tutte quelle città ucraine devastate da questa assurda guerra.
E, come ogni volta, dopo la guerra c’è la ricostruzione.
Vanno ricostruite le città, le infrastrutture, le istituzioni, l’economia, ma anche la vita di tutti quei cittadini che, passivamente, hanno subito quella devastazione.
Così fu anche nel secondo dopoguerra, quando all’alba degli anni ’50 l’Italia si trovò con le braghe per terra e si dovette rimboccare le maniche.
Anni di rinascita, quelli, a cui seguirono quelli del boom economico, diremmo oggi.
E il documento che vi mostro oggi altro non è che uno stralcio di quegli anni. Una situazione che, come vedremo, accadde a Monteleone d’Orvieto, ma che avrebbe potuto interessare (e probabilmente interessò) tantissimi comuni italiani.
Siamo dunque al 17 maggio 1951, quando una missiva parte dal Comune di Monteleone d’Orvieto, provincia di Terni.
E’ indirizzata alla Camera di Commercio di Terni, ed è in risposta a una richiesta pervenuta sei giorni prima.
Evidentemente, infatti, la Camera di Commercio doveva aver chiesto a tutti i comuni della provincia lo stato delle strade comunali. E il Comune di Monteleone d’Orvieto così rispose.
«In esito alla richiesta emarginata si comunicano le seguenti notizie sulle strade comunali:
1) Lunghezza complessiva Km. 20.999.
2) Pavimentazione a terra battuta e pietra, eccezione fatta per le strade interne del capoluogo che sono pavimentate con lastre di Bagnoregio.
3) Lo stato di manutenzione delle strade esterne è pessimo.
Il costo medio annuo per la manutenzione di ogni chilometro è di L. 24.500.»
Situazione infrastrutturale, quindi, disastrosa. E siamo in Umbria, non nel profondo Sud.
Giusto il “capoluogo” si salva, cittadina medievale ai margini orientali della Val di Chiana, oggi con 1500 residenti ma all’epoca dei fatti qui narrati con un migliaio di residenti in più.
Ma cos’erano le “lastre di Bagnoregio” citate nel testo?
Bagnoregio, comune del viterbese non lontano da Monteleone, è noto tutt’oggi oltre che per la meravigliosa civita, anche per le cave di basalto.
E in particolare per lo sfruttamento che di tali pietre ne ha fatto la locale famiglia Tecchi che dal 1925 estrae, lavora e distribuisce un prodotto noto in tutto il mondo.
Di colore grigio scuro, compatta e uniforme, estremamente resistente (sia all’usura che al gelo), questa pietra lavica è utilizzata a scopi ornamentali ma soprattutto come pavimentazione, sia da interni che da esterni: già gli antichi Romani la utilizzavano per lastricare le strade.
I suoi pregi ornamentali non sono sfuggiti anche a grandi lavori realizzati in giro per il mondo: Aurora Place Apartments di Renzo Piano, Asian Art Museum di Gae Aulenti, Winspear Opera House di Norman Foster, Sagrada Familia, Doha Hamad International Airport e i tre grattacieli della Samsung a Seoul, solo per citarne alcuni.
E oggi?
Non ho resistito, e ho dato una sbirciatina al centro storico di Monteleone d’Orvieto con Google Street View.
Ebbene, ancora oggi, per fortuna, è stato mantenuto il lastricato di un tempo tranne in alcune vie dove la “balata” è stata sostituita con il più classico sanpietrino, sebbene sempre di basalto.
Certo, la Camera di Commercio di Terni non se ne fa più nulla di tali documenti e li cestina (altrimenti non sarebbero mai giunti nelle nostre mani), ma al Comune di Monteleone d’Orvieto, invece, si pratica manutenzione conservativa. Bravi!
Ultimissima nota, storico-postale.
Come si può osservare, la missiva è un foglio A5 ripiegato su sé stesso e sul cui frontespizio è stata stampata la dicitura “Biglietto Postale”.
In realtà, il ‘biglietto postale’ predisposto dall’ente postale secondo la normativa dell’UPU prevede l’affrancatura già prestampata, per cui non necessita di essere affrancato.
Questo, invece, è di fattura privata, del Comune, e chiaramente non può riportare una preaffrancatura. E difatti venne affrancato.
Inoltre, in basso è possibile notare, sebbene un po’ sbiadito, un bollo ovale. Si tratta del bollo in dotazione al Comune di Monteleone d’Orvieto che riportava, in origine, la dicitura “REGIE POSTE”. Non essendo più in Regno ma in Repubblica, la parola “REGIE” venne scalpellata dal timbro, ma ne rimane traccia dal vuoto che è rimasto a sinistra della parola “POSTE”.
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