FABBRICO, VILLA GUIDOTTI

FABBRICO, VILLA GUIDOTTI

Il 26 novembre 1944, con i Russi a meno di 200 km da Auschwitz e quindi certi di una imminente capitolazione, dietro ordine diretto di Himmler, i nazisti iniziarono a smantellare i forni e le camere a gas del campo di concentramento e sterminio.

Tutto venne occultato, lo Zyklon B disperso, tutti i crematori vennero smantellati, eccetto uno che venne convertito in rifugio antiaereo. La conversione riuscì male, e quando due mesi dopo i Russi entrarono nel campo quella fu una delle prove a carico della Germania per lo sterminio di massa perpetrato in quegli anni.

Quello stesso giorno, a 1300 km di distanza, a Ghiffa (provincia allora di Novara, oggi Verbano-Cusio-Ossola), inconsapevoli di quanto avveniva dall’altra parte dell’Europa, si spediva una cartolina postale.

In quel momento tutto il Nord era formalmente governato dalla Repubblica Sociale Italiana, di fatto era predominio dei Tedeschi.

La cartolina postale che venne utilizzata quel giorno per scrivere è della RSI, si riconosce inoltre senza problemi lo stemma al centro.
Ma la cartolina venne tassata: perché?

E’ sufficiente dare un’occhiata al tariffario per comprenderlo.
Quando venne emessa questa cartolina, l’11 luglio 1944, infatti, la tariffa per “Cartolina postale” era di 30 centesimi, e di questo importo è infatti il valore facciale della cartolina.

Dall’1 ottobre 1944, però, le tariffe postali aumentarono in RSI (Decreto Ministeriale 16 giugno 1944, n.606), e la tariffa della “Cartolina postale” aumentò a 50 centesimi.
In base alla normativa postale vigente, l’oggetto postale andava quindi tassato del doppio dell’importo mancante.
Mancavano 20 centesimi? Tassata per 40 centesimi (come appunto venne indicato a mano accanto alla “T” della tassazione).

La cartolina è diretta a Fabbrico (provincia di Reggio Emilia), alla Signora Antonia, e quel che è più interessante (come i lettori di Sfizi.Di.Posta già sanno) è il contenuto della missiva.
Il mittente infatti scrive:
«Carissima, stanotte alle 3 e mezza è nata una bimba a Federica della quale non sappiamo ancora il nome. Fino a mezzanotte Federica stava ancora bene. Tutte e due stanno bene. La bimba ha gli occhi scuri e pure i capelli. Pesa più di quattro chili. Noi tutti bene e sempre tranquilli. Pensiamo molto a voi. Se doveste scappare venite qua dove speriamo continui la quiete e dove sareste più vicini a Franco se sta ancora lontano. Ti scriveremo presto a lungo. Cari saluti a tutti. Un abbraccio.»

Bellissime quindi le notizie che porta con sé questa cartolina.
Ma c’era effettivamente un pericolo imminente a Fabbrico nel termine del 1944?
In quel momento i combattimenti tra Alleati e Tedeschi si attestano nei pressi di Faenza e Brisighella, quindi ben distanti da Fabbrico.

L’avanzata alleata in quelle zone sarà lenta ma costante.
Bologna viene liberata il 21 aprile 1945, il 23 aprile Vignola. Le truppe alleate passano per le strade di Fabbrico lunedì 23 aprile 1945 provenienti da Novi di Modena e dirette verso il Po.

Il 26 aprile Mussolini viene catturato mentre fugge verso la Svizzera, il 28 aprile viene ucciso, il 30 aprile Hitler si toglie la vita, il 2 maggio le truppe tedesche si arrendono e la guerra finisce.

I combattimenti, quindi, a Fabbrico non arrivarono, anche se è chiaro che nelle retrovie sia i Tedeschi che i fascisti avevano il loro bel da fare con i Partigiani della Resistenza.
E’ quindi probabile che la Signora Antonia non fu costretta a lasciare Fabbrico.
Ma andò proprio così?

Un altro elemento fondamentale per raccontare fino in fondo questa storia è l’indirizzo del destinatario: “Villa Guidotti”.
Villa Guidotti o Castello Guidotti era un vecchio fortilizio medievale adattato a residenza signorile a metà dell’Ottocento.

La sera del 23 aprile, dopo il passaggio degli Alleati, trentadue fabbricesi vennero prelevati da partigiani armati e “accompagnati” all’interno di palazzo Guidotti, per non meglio specificati accertamenti.

Il resto del racconto è nelle parole di Gilberto Cavicchioli, storico della Resistenza nella Bassa Padana, coautore del saggio “La Resistenza a Fabbrico“, pubblicato su “L’Almanacco”, a. XXXII, n. 61/62, Istituto per la Storia del Movimento Operaio e Socialista «P. Marani», Reggio Emilia, 2013.

«Lì vennero bastonati a sangue Ricchi Cesare e altri fabbricesi, sei dei quali furono trucidati in via Fusara alcune sere dopo.
Lì vennero rinchiusi anche tedeschi e altri italiani: tra questi il dott. Leopoldo Barbieri, Commissario Prefettizio di Novellara e amico di Silvio Terzi, Commissario Prefettizio di Fabbrico fino all’autunno 1944 prima di diventare il comandante partigiano “Gora”.
Il portone del Castello Guidotti […] si aprì quindi lunedì 23 aprile per rinchiudere in poche stanze a piano terra, personalità locali, qualche tedesco e fascisti prigionieri: circa una settantina di persone. I trentadue fabbricesi vennero rilasciati, mentre la sorte degli altri fu diversa.
Per chi poi varcò quella soglia nei giorni successivi fu un inferno. La notte fra il 3 e 4 maggio venne torturato a morte Marino Santachiara; assieme a lui altri italiani e tedeschi.»

Ulteriori dettagli di quanto accadde al piano terra di Castello Guidotti ce le fornisce il fratello del citato Leopoldo Barbieri, Riccardo (in “Le ragioni dei vinti” di Rossana Maseroli Bertolotti e Liano Fanti; Centro Studi Italia, Reggio Emilia, 1999).
Ne riporto qualche stralcio.

«Leopoldo, il 9 ottobre 1943, apriva con me la Casa del Fascio di Novellara. Nonostante la giovane età fu eletto Segretario del Fascio di questo paese, a cui dedicò ogni attività, volta specialmente alla pacificazione degli animi. […]
La sera (del 22 aprile, N.d.R.) venne catturato; non so ancora se da angloamericani o da partigiani e poi rinchiuso nei locali della Rocca. […]
La notte del 24 aprile fu portato a Fabbrico, alla villa Guidotti, sede del comando partigiano, a disposizione del comandante Silvio Terzi, che lo conosceva, essendogli stato a fianco come Commissario Prefettizio del Comune di Fabbrico.
Alla signora Guidotti che gli aveva portato il Vangelo, Leopoldo disse: “Hanno ucciso Gesù: crucifige. Tre giorni fa eravamo in auge, ora ci massacrano… Si ripete la storia!“.
E’ evidente che Silvio Terzi, nel nome della passata collaborazione ed amicizia, aveva intenzione di salvarlo. Infatti raccomandò al partigiano Livio Vezzani, che me lo ha riferito, di non lasciarlo avvicinare da nessuno. Purtroppo Terzi dovette allontanarsi, perché chiamato a Reggio per fronteggiare i franchi tiratori. Leopoldo rimase prigioniero qualche giorno. Probabilmente nella notte dal 27 al 28 aprile alcuni partigiani di Novellara, approfittando dell’assenza del Terzi, lo prelevarono contro la volontà del partigiano Dante Sabatini, addetto alla sua custodia. Il Sabatini, sotto la minaccia di una pistola, dovette cedere. Leopoldo fu caricato su un camioncino 103 FIAT.
Sul luogo dell’uccisione e quello del seppellimento una ridda di voci e supposizioni. Vane le ricerche effettuate, vani i numerosi esposti alla Questura, vano l’interessamento del Vescovo di Guastalla e del capitano Vesce.»

Da fonti non confermate sul blog “I morti dimenticati” apprendiamo inoltre che a Villa Guidotti «nonostante il Medioevo fosse passato da secoli, dentro la prima stanza dell’ ala est avvennero torture e sevizie allucinanti; furono usati ferri, funi e catene, fino alla fine di Maggio, quando fu riconsegnata la stanza, imbrattata di sangue e con ancora le funi alle quali venivano appesi i prigionieri per essere bastonati a sangue; a molti furono cavati gli occhi, altri furono portati fuori e sepolti dove capitava ancora agonizzanti o finiti a badilate.»

Ora… E’ chiaro che è estremamente difficile prendere una posizione vista l’anarchia assoluta che regnò negli ultimi mesi di conflitto: vendette personali, stragi di massa, omicidi per semplice frustrazione, e chi più ne ha più ne metta, ad opera di entrambe le fazioni.

Sta di fatto che, in quel contesto, apparirà complicato etichettare i morti come di serie A e di serie B: sempre morti di quel conflitto scellerato sono.
E se vogliamo trovare a tutti costi un colpevole, forse occorrerà cercarlo in colui che determinò a monte quella situazione con le proprie “decisioni irrevocabili“.

Ma al lettore attento una notizia non sarà sfuggita, quando nel racconto di Riccardo si nomina la Signora Guidotti che porta il Vangelo al fratello.
Sarà la Signora Antonia?
Beh, direi proprio di sì…

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