C’ERA UNA VOLTA UN BIMBO DI NOME PINUCCIO

C’ERA UNA VOLTA UN BIMBO DI NOME PINUCCIO

Natale 1950.
Pinuccio abitava in una città italiana di cui non conosciamo il nome. Ma del nome della città non ci importa: potrebbe essere Aosta o Palermo, non cambierebbe nulla. Sceglietevi liberamente una città, una qualsiasi, quella che vi sta più a cuore, e pensate che Pinuccio abitava lì.
Del resto, Cesare Pavese pensava anche a Pinuccio quando ne “La luna e i falò” scrisse che «un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti».

Pinuccio era nato il 9 maggio 1945, il giorno in cui la Germania firmò la resa e terminò la Seconda guerra mondiale in Europa, e questa singolare coincidenza condizionò tutta la sua vita.
Ve lo immaginate?
-Quando sei nato?
-Sono nato il giorno in cui è terminata la Seconda guerra mondiale!

Pinuccio era bravo a scuola e anche a casa, non faceva mai arrabbiare mamma e papà. Era voluto bene da tutti.
Aveva un sorriso per tutti, e tutti lo adoravano.
Era nato quando era terminata la Seconda guerra mondiale!

Il suo sorriso un giorno si incrinò, quando il suo adorato nonnino morì. Lui aveva 4 anni, molte cose le capiva già.
Ma sebbene i suoi genitori gli evitarono di vedere certe scene il bambino sentì subito la mancanza di quelle braccia possenti che aveva il nonno, braccia abituate a lavorare i campi. Braccia difficili da dimenticare.
Se a un ramoscello attaccato a un tronco improvvisamente il tronco scompare, il ramoscello se ne accorge. O no?
Allora, per spiegare a Pinuccio dove fosse andato a finire il nonno, i genitori introdussero il concetto di Paradiso, e Pinuccio sembrò accettarlo.

Quando poi, a 5 anni, tra la scuola e gli affetti familiari, uscì fuori il fatto che proprio a quella età iniziano a cadere i primi dentini da latte, la mancanza del nonno si fece sentire forte perché avrebbe voluto condividere con lui quella gioia!
Pinuccio infatti, come tutti i bambini della sua età, era convinto che, una volta caduto il dentino e posizionato il sacro reperto sotto al cuscino, durante la notte una fatina sarebbe passata e trovando il dentino avrebbe lasciato delle monete o dei doni.
Il bello è che questa tradizione cambia da paese a paese, e anche all’interno dello stesso paese vi possono essere più versioni.
E da voi, qual è la tradizione?
In Inghilterra è come da noi ma in Spagna, anziché la fatina, passa Ratoncito Perez, un topolino, mentre in El Salvador un coniglio.
Poi c’è anche l’usanza di posizionare il dentino dentro un tozzo di pane e darlo in pasto a un topolino (in Afghanistan o in Kyrgyzstan), oppure di gettarlo sul tetto e di chiedere alla luna di far crescere un nuovo dentino sano e robusto (in Botswana).

Insomma, anche quell’anno, nel 1950, il Natale si stava avvicinando, il secondo Natale senza il nonnino. L’incisivo destro di sopra ondulava come una lastra di compensato esposta ai venti di un uragano, ormai era questione di giorni.
Pinuccio monitorava la situazione più volte al giorno, e sicuramente tutti i suoi test avranno accelerato il processo.
Il 20 dicembre il dentino cadde. Mentre mangiava un gheriglio di noce se lo ritrovò tra i denti, per poco non se lo ingoiava.
Iniziò a saltare dentro casa come un canguro, eccitatissimo per quell’avvenimento epico!
Allora, si disse, era arrivato il momento di mettersi seduti e di scrivere la letterina a Gesù Bambino. Erano giorni che ci pensava, ma il dentino lo aveva troppo distratto.

Vi starete chiedendo: a Gesù Bambino? Ma la letterina non si scrive a Babbo Natale?
Sì, certo. Ma Babbo Natale, sebbene le sue origini siano antiche e strettamente cristiane (San Nicola di Myra, un vescovo del IV secolo), è un personaggio che è cresciuto in popolarità soltanto negli ultimi decenni e che ha perso ogni crisma di religiosità a favore del più (spesso) bieco consumismo.
Una volta la letterina si scriveva a Gesù Bambino.

Naturalmente, sin qua la storia ve l’ho romanzata un po’ e alcune date le ho inventate di sana pianta, ma più o meno i tempi dovrebbero essere quelli e, soprattutto, la letterina esiste veramente, indirizzata «al bambino gesu, al nonnino, paradiso».
Eccola qua, fedelmente trascritta.

«caro gesu, bambino
voglio il treno a S
cara nanino prega gesu
cemi porti il treno a Se
ti bacio
mi e caduto il dentino
tuo Pinuccio tesoro»

La busta che contiene questa letterina è affrancata con un francobollo da 1 Lira. Una lettera di primo porto per l’interno, in quel momento (dicembre 1950), andava affrancata con 20 Lire, per cui è chiaro l’intento simbolico del genitore: dai a Pinuccio (che ne sa di tariffe postali) un francobollo qualsiasi, e fai capire al bambino che la lettera la andrai a spedire. Il francobollo infatti non è timbrato.

E infine, il dolcissimo Pinuccio avrà ricevuto l’agognato regalo, il “treno a S“?
La “S” è chiaramente il tracciato del trenino elettrico, a forma di 8.
I trenini elettrici nascono agli inizi del Novecento come riproduzioni in latta e non in scala degli esemplari veri, quindi più come giocattolo che come fermodellismo come lo intendiamo oggi.
In Europa andavano per la maggiore marchi come le tedesche Märklin o Trix e l’inglese Hornby (che brevettò il Meccano nel 1901), mentre in Italia la prima ditta che iniziò a produrre trenini elettrici in scala fu la Rivarossi, fondata nel 1945.
L’anno successivo venne fondata anche la Lima, ma inizialmente produsse altri oggetti e non trenini elettrici: occorre attendere il 1959 per vedere i primi esemplari di locomotive in scala nel catalogo Lima.
E allora fu una vera lotta tra trenino elettrico Lima e pista della Polistil, ve la ricordate?

Il trenino che chiedeva quindi Pinuccio molto probabilmente era della Rivarossi: nel 1950 la ditta comasca era consolidata e in piena espansione, i suoi trenini venivano venduti in tutta Europa, e anche oltreoceano.

Spero che questa storia vi sia piaciuta e vi lascio con un’ultima informazione: dopodomani è Natale!!!
Ahahahaha, aspettavate me per saperlo, vero??
A parte gli scherzi, questo è il settimo Natale che trascorriamo insieme, e davvero vi giungano, dal profondo del cuore, i miei più sinceri e affettuosi auguri di un sereno Natale, che possiate trascorrerlo serenamente con i vostri cari e con chi volete bene.
Auguri!

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