Per chi non è del settore farà strano sapere che la maggior parte del cuoio che indossiamo è stato trattato con il cromo trivalente.
Eppure è così.
Dopo che una pelle è stata depilata (privata di pelo ed epidermide), calcinata (trattata con la calce per allentarne l’intreccio fibroso), macerata (tramite enzimi pancreatici, per ammorbidirla), e sgrassata (per eliminarne il grasso naturale), essa viene conciata, ovvero viene sottoposta a quel processo che trasforma una pelle putrescibile in imputrescibile e resistente all’umidità, ovvero in cuoio.
Sino al XIX secolo la concia veniva eseguita attraverso l’uso di tannini vegetali, soprattutto di castagno, quercia, mimosa.
A partire da fine Ottocento per conciare le pelli venne introdotto l’uso del cromo, inizialmente in qualsiasi forma, poi soltanto nella sua forma trivalente, l’unica ad essere davvero efficace.
Per la ditta Varale Antonio di Biella, specializzata nella vendita di cuoio per uso industriale (tessile, per lo più), era quindi motivo di vanto rendere noto che il proprio cuoio era stato conciato con il cromo. Nella cartolina commerciale che presento oggi, e spedita nel 1908 a un proprio cliente, questa informazione campeggia al centro della stessa.
Per la cronaca, la ditta Varale aveva venduto 2.550 metri lineari di cuoio di spessore 40mm. Il prezzo a metro lineare era di 6.75 Lire. Il totale da pagare 17.20 Lire.
Sulla cartolina è poi applicata una marca da bollo da 5 centesimi e un’annotazione a penna: “Riceviamo L. 16.85 a saldo la presente“. Uno sconto o uno storno?
Sempre per la cronaca, la pasta all’ossido di cromo per pelli viene oggi prodotta e commercializzata al dettaglio dalla Windrose, in Inghilterra, in confezioni da 23 grammi. Si presenta come una pasta di colore verde scuro, da passare sul cuoio per rinvigorire la concia.
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