In questi giorni di psicosi da Coronavirus è bene ricordare come le epidemie o anche le semplici influenze hanno da sempre interessato il genere umano.
Senza per questo scomodare la Grande Peste del 1629-31, Alessandro Manzoni e i Promessi Sposi, curioso è il documento che mostro oggi.
Spedita per posta il 21 febbraio 1900 e indirizzata al Cappellano Curato del comune di Mazzarà Sant’Andrea (50 km a Est di Messina), si tratta di una notificazione (datata il giorno prima della spedizione) dell’Arcivescovo e Archimandrita di Messina, Letterio D’Arrigo Ramondini, con la quale, a causa del diffondersi dell’influenza, si dispensavano tutti i fedeli delle chiese e parrocchie della diocesi al digiuno o all’astensione al consumo di carne.
L’astinenza dalle carni è un precetto generale della Chiesa cattolica che impone il divieto, a partire dai 7 anni di età, di assunzione di carne nei “giorni di magro”, ossia il venerdì e gli altri giorni proibiti (sabati di Quaresima, nelle vigilie di Pentecoste, Ognissanti, Natale, etc). Il pesce è ammesso durante l’astinenza, ragion per cui il venerdì è il giorno in cui tradizionalmente si mangia pesce nei paesi a maggioranza cattolica.
E’ chiaro che in un momento in cui la popolazione era debilitata dall’influenza, l’astensione dal mangiare la carne avrebbe debilitato ancor di più le persone. E l’Arcivescovo non poteva non tenerne conto.
Altro che mascherine e Amuchina… mangiate carne, uova e latticini!
Per la cronaca, Letterio D’Arrigo Ramondini, nato nel 1849 da nobile famiglia, fu nominato 105° arcivescovo metropolita ed archimandrita di Messina da papa Leone XIII il 24 marzo 1898, ed ebbe come vicario generale san Luigi Orione (fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza). Allego anche una sua fotografia reperita in rete.
Durante i giorni del dopo terremoto (quello disastroso del 28 dicembre 1908), operò incessantemente a favore dei superstiti, curandone le ferite, accogliendoli nelle chiese, fornendo pasti caldi. Successivamente, chiese e ottenne dal Vaticano i fondi per costruire un nuovo collegio che porterà il nome del suo generoso papa, Pio X.
Morto a Messina nel 1922, le sue spoglie vennero prima sepolte nella tomba di famiglia, e poi traslate in Cattedrale, dove attualmente si trovano di fronte alla cattedra vescovile.
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